All’ombra del Covid

Malati Cronici e Covid

I malati cronici sono quella tipologia di pazienti che necessitano cure continue e un monitoraggio costante del loro stato di salute. Molti di questi necessitano assistenza sanitaria domiciliare o di recarsi spesso presso le strutture sanitarie. L’esplosione del Covid ha avuto un impatto decisamente negativo sulla vita di questi pazienti mettendo in crisi un sistema che, già prima del Covid, faceva fatica a funzionare.

Primo appuntamento in agenda prenotato dal Covid e tutto il resto?

A livello mediatico inoltre la situazione dei malati cronici viene oscurata completamente dalle allarmanti notizie sul Covid e anche a livello politico l’emergenza Covid rimane sempre al primo posto in agenda. Tuttavia i malati cronici sono sempre lì, impossibilitati a proseguire le cure o costretti a pagarle di tasca propria, combattendo con i costi dell’assistenza domiciliare e l’accessibilità di farmaci.

La paura di contrarre il Covid, per questi pazienti già parecchio malandati, si traduce in un’impossibilità di raggiungere cliniche ed ospedali.

Cup e prenotazioni in tilt

D’altro canto, la carenza di personale sanitario, dirottato sull’emergenza Covid, rende l’assistenza dei pazienti cronici alquanto ardua. Gli ospedali non garantiscono i servizi, i cup per le prenotazioni delle visite specialistiche sono fermi o intasati, i piani terapeutici per i farmaci salvavita non vengono rinnovati e infine i medici e il personale dell’assistenza domiciliare non vanno a casa di questi pazienti per paura di contrarre o trasmettere il Covid.

La situazione di abbandono  appare evidente. Come riportato dal segretario di Cittadinanzattiva : “alla fine di questa emergenza non conteremo solo i morti per causa del Covid, ma anche quello delle persone decedute perché non hanno avuto la possibilità di curarsi.”

Calano notevolmente le visite e le prestazioni sanitarie ecco i numeri:

A seguito della pandemia c’è stato un calo delle prestazioni sanitarie, ridotte del 37%; le visite ambulatoriali -42%;i ricoveri -28%;la diagnostica -31%.

Queste percentuali hanno avuto conseguenze sulla salute delle persone soprattutto parliamo delle persone fragili.

I dati più preoccupanti riguardano la mortalità in ambito cardiologico e oncologico come segnalato dalla Società Italiana di Cardiologia, nei primi mesi della pandemia si è registrato una riduzione dei ricoveri per infarto intorno al 48.4% non dovuto a un miglioramento dell’epidemiologia delle patologie cardiovascolari, ma purtroppo per paura del contagio, con un aumento di oltre tre volte della mortalità complessiva.

 

Un’ulteriore approfondimento sul tema ci viene fornito dal  un medico di base di Roma che ha vissuto sul campo le vicende dei malati cronici nel contesto dell’emergenza Covid e che ha preferito rimanere nell’anonimato

Quali sono le categorie che hanno sofferto di più della pandemia?

Ci sono patologie che sono responsabili della maggior parte dei ricoveri e degli interventi chirurgici come l’ipertensione arteriosa, il diabete, la bronchite cronica e le patologie oncologiche.

Se queste categorie di pazienti non vengono controllate regolarmente tramite gli accertamenti annuali dagli specialisti o tramite mirati esami strumentali il rischio di incorrere in complicazioni o morte è alto.

Come ha influito negativamente la pandemia?

Per il Covid sono saltati tutti i controlli programmati per il monitoraggio delle patologie croniche.

Secondo il Chronic Care Model, che è un modello di assistenza medica dei pazienti affetti da malattie croniche, seguendo in maniera regolare e assidua questi pazienti, si riesce a limitare le complicazioni e i ricoveri per complicanze come infarti, ictus ecc.

Anche i malati oncologici sono stati trascurati nei controlli periodici, nelle cure dopo il primo intervento chirurgico, nel follow up dopo la chemio e la radioterapia.

C’è da dire anche che molte persone che hanno accusato sintomi importanti come, ad esempio, dolori al petto o disturbi respiratori, durante la pandemia non si sono recati al pronto soccorso per paura del contagio, si sono trascurati e non è stato fatto un primo approccio tempestivo alla patologia e quindi di conseguenza è venuta meno la prevenzione.

Ritardi anche nel dare gli appuntamenti per gli esami strumentali importanti come le risonanze magnetiche o gli esami radiografici che ci consentono di fare una diagnosi in tempi brevi.

Anche tutta la prevenzione oncologica è saltata, abbiamo visto il paziente costretto a rimandare o addirittura a saltare l’appuntamento e questo come già detto ha creato l’impossibilità di fare una prima diagnosi e di conseguenza di iniziare una cura.

Questo ha portato ad un aumento della mortalità e della morbilità per queste patologie.

Anche nell’accertamento dei nuovi casi c’è stata una minore efficienza del SSN perché il paziente non potendo accedere all’ospedale procrastinava gli accertamenti e le visite da fare.

Un’emergenza nell’emergenza è quella dei malati cronici in tempo di Covid. All’ombra del famigerato virus vivono, soffrono e purtroppo muoiono questi pazienti.  Le risposte delle istituzioni sono insoddisfacienti e l’interesse pubblico ancora meno.

La mancanza di preparazione nell’affrontare la pandemia e i suoi effetti collaterali sia da parte degli operatori sanitari che da parte della politica ci mette davanti ad uno scenario preoccupante.

Sicuramente una graduale uscita dall’emergenza Covid porterà benefici anche ai pazienti cronici rimettendoli in cammino verso una normalità nell’accesso alla cura.

Procrastinare gli interventi non è la soluzione

Tuttavia l’incertezza sui tempi e la continua emersione di nuovi ceppi del virus, genera precarietà e ci fa pensare che sarebbe necessario ripensare protocolli di cura integrati che possano permettere al paziente cronico l’accesso alla cura in situazione di convivenza col Covid.

Imparare a convivere col virus questo deve essere la linea guida, a nostro avviso, che deve guidare le politiche sanitarie inerenti i malati cronici. Ed infine la solidarietà. Volontariato e servizi sociali possono offrire quel supporto che ad oggi manca nelle strutture sanitarie.

Società civile ed istituzioni lavorino insieme per rischiarare almeno un po’ l’ombra del Covid e offrire ai malati un futuro migliore.

 

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Chiara Rebeggiani