Donne uguali agli uomini nel lavoro, ora è legge

Donne uguali agli uomini nel lavoro, ora è legge

Lazio in testa per la parità di genere

Approvata la legge 182/2019 sulla parità salariale di genere, sottoscritta da sole donne.

La Consigliera regionale Eleonora Mattia ci spiega cosa prevede.

 

Un primato importante quello della Regione Lazio che, dopo due anni dalla sua proposta, sottoscrive la legge  182/2019 in materia di “Disposizioni per la promozione della parità retributiva tra i sessi, il sostegno dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile di qualità, nonché per la valorizzazione delle competenze delle donne”, presentata da Eleonora di Mattia, Consigliera regionale del Partito Democratico, e sottoscritta dalle consigliere Sara Battisti, Valentina Grippo, Michela Di Biase, Michela Califano, Marta Leonori, Marta Bonafoni, Laura Corrotti e dal presidente del Consiglio, Marco Vincenzi. 7.66 milioni di euro per abbattere il divario di genere che l’ultimo anno e mezzo ha acuito; si stima che, solo nel Lazio, su 47 mila unità perse nell’ultimo anno 33 mila sono donne.

Consiglio Regionale Lazio

Un punto di partenza significativo per l’Italia che, in un momento critico cui si accoda tutto il mondo, sta facendo fatica a rilanciare il mercato del lavoro, con le donne protagoniste di questa faticosa ripresa. Molte le personalità pronte negare una sperequazione di genere nel mondo del lavoro, primo fra tutti, visti gli ultimi fatti di attualità, il Senatore della Lega Simone Pillon che ha recentemente dichiarato quanto sia naturale la propensione femminile alle materie dell’accudimento, contrariamente agli uomini, più predisposti a una formazione tecnico-scientifica. Parole che lasciano sicuramente esterrefatti per la loro assurdità e per la radicalità in una cultura sessista, ma attuali nel 2021, anno particolare in cui le donne corrono su un tapis roulant verso la carriera senza mai arrivare all’obiettivo. Testimoni i numeri.

 

In un report realizzato dalla Fondazione studi Consulenti del lavoro “Occupazione femminile: si allarga il divario con l’Europa”, infatti, emerge quanto il nostro Paese sia in coda, in scala europea, per quanto concerne l’occupazione femminile. I dati riportano che nel 2020 l’Italia avrebbe dovuto raggiungere i target prefissati dalla “Strategia Europa”, secondo cui l’occupazione femminile sarebbe salita al 67% invece, con lo scoppio della pandemia, ha assistito a un processo inverso; non solo a un arresto dell’occupazione, ma a una perdita delle lavoratrici. L’indagine condotta dall’ANCL registra una perdita doppia rispetto la media europea con una percentuale nazionale del 4,1% (402 mila donna in meno), contro quella europea del 2,1%. La drammaticità della situazione si rileva in uno step successivo, in relazione alla crescente occupazione maschile a scapito di quella femminile. In Italia, l’impatto differenziale di genere non ha equivalenti in Europa, considerando che l’Italia, tra Spagna, Francia e Inghilterra, osserva un maggior divario nell’occupazione di genere, come evidenziano i numeri riportati da Eurostat, Ufficio statistico dell’Unione Europea.

 

Una situazione che, a oggi, non lascia speranza per l’affermazione del ruolo della donna come lavoratrice e non solo genitrice, se consideriamo che l’instabilità lavorativa femminile riguarda, sì, più aspetti, tutti riconducibili a retaggi della cultura patriarcale secondo cui la “donna è sacrificabile”, professionalmente parlando. Una gerarchia non naturale ma automatizzata secondo cui il lavoro è un diritto costituzionalmente riconosciuto, come anche l’uguaglianza dei cittadini ma, di fatto, le donne sono costrette ad accettare lavori part time, paghe ineguali, contratti di lavori precari e mansioni prevalentemente pratiche. E, per incentivare le aziende a sovvertire questo sistema, arriva, nel 2019, una proposta di legge a sostegno e tutela del “sesso debole”, che promette un premio per tutte le aziende “virtuose in materia di parità retributiva”.

Eleonora Mattia, parità salariale donneEleonora Mattia

 

Eleonora Mattia, Consigliera del Pd, ci spiega nel dettaglio cosa prevede la legge 182/2019, composta da 22 articoli e volta al reinserimento, tutela e sostegno delle lavoratrici per il prossimo triennio 2021-2023.

La proposta di legge è stata presentata nel 2019 ma approvata due anni dopo. Come mai questi tempi?

La proposta di legge n. 182 è stata presentata l’11 settembre 2019. Nell’autunno del 2020 abbiamo iniziato un partecipato ciclo di audizioni che ha coinvolto associazioni femminili e femministe, rappresentati di categoria, organizzazioni. Poi il Covid ha bloccato le attività istituzionali e tutte le energie della Regione sono state concentrate nella gestione dell’emergenza.  Con la ripresa siamo tornati a lavorare sulla PL che il 22 marzo scorso è stata approvata in IX Commissione e il 19 maggio in aula.

In che modo verrà applicata praticamente la legge?

In primis con il Regolamento di attuazione e integrazione che disciplina le politiche e gli interventi previsti dalla presente legge che consentirà di renderla operativa.

Cosa prevedono i 7.66 milioni stanziati?

Tra le azioni finanziate ci sono 1 milione e mezzo di euro per la formazione delle neoassunte nell’ambito del sostegno alle MPMI (micro, piccole e medio imprese) che assumono donne a tempo indeterminato. Politiche attive del lavoro per la formazione finalizzata all’inserimento e il reinserimento nel mondo del lavoro con un’attenzione specifica ai percorsi altamente specializzanti e nelle discipline Scientifico-tecnologiche, ma anche educazione finanziaria e digitale. Reinserimento delle donne vittime di violenza, delle donne disabili, il contrasto al fenomeno delle molestie sul lavoro come previsto dalla Convenzione ILO 190/2019. Sono previsti 300 mila euro da erogare agli enti locali per l’attuazione di progetti di iniziativa degli enti del Terzo settore. Abbiamo previsto forme di microcredito d’emergenza, con una riserva di 600 mila euro per le donne in condizioni di disagio sociale – tra cui vittime di tratta, ex detenute, ultrasessantenni prive di sostegno – e misure per il benessere lavorativo anche del personale femminile regionale. Misure per sostenere l’imprenditorialità femminile con 2,5 milioni di euro nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. E poi il tema dell’equa rappresentanza di genere nei luoghi decisionale: un impegno a garantire la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo degli enti strumentali e delle società controllate o partecipate dalla Regione, per garantire l’equilibrio di genere negli incarichi conferiti a professionisti esterni. Ma anche misure per premiare la parità di genere nelle giunte comunali con l’istituzione di uno specifico riconoscimento per i Comuni virtuosi.

E per le lavoratrici madri?

Un importante investimento negli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con 2,7 milioni di euro (400 mila euro il primo anno, 900 mila per il secondo e 1,4 milioni di euro per il terzo) finalizzati all’erogazione di buoni per l’acquisto di servizi di baby-sitting per le lavoratrici anche autonome dopo il congedo, bonus compensativi per l’attività di caregiver e bonus sperimentali per i padri che usufruiscono dei congedi parentali in alternativa alle madri.

 

In quanto legge, è applicabile obbligatoriamente a tutte le aziende della Regione?

 

Ovviamente la normativa, regionale e nazionale, si applica nel pieno rispetto dell’autonomia aziendale. Noi con questa legge forniamo degli strumenti che incentivano la diffusione di una cultura aziendale paritaria. Su tutti penso al Registro delle imprese virtuose che è istituito presso la direzione regionale competente in materia di lavoro e al quale possono iscriversi le aziende pubbliche e private con meno di cento dipendenti che rendono conoscibile e diffondono i dati relativi alla situazione del personale maschile e femminile, con particolare attenzione a quelli relativi alla formazione, alla promozione professionale, ai passaggi di categoria o di qualifica, alla retribuzione effettivamente corrisposta.

 

Sicuramente è un passo avanti verso l’affermazione della donna nel mondo del lavoro. Non pensa, però, che sia assurdo nel 2021 dover premiare le aziende per incentivarle ad assumere donne e a riservar loro un trattamento degno di qualsiasi lavoratore, quando invece dovrebbe essere automatico?

Sì, mi sembra assurdo, ma purtroppo è così. E di fronte a una realtà tanto sconvolgente quanto inaccettabile ho deciso di agire. Oggi, dopo la pandemia, appare ancora più urgente prevedere strumenti di sostegno specifici poiché tutti i dati ci raccontano come la crisi non è stata uguale e a soffrirne di più le conseguenze sono state le donne, i giovani e i precari. Le donne, in particolare, hanno pagato un prezzo molto alto. Il motivo per cui la crisi ha un impatto più forte sulle lavoratrici risale alla tipologia del lavoro stesso: le donne non solo lavorano meno, ma lo fanno con contratti più precari, con meno ore, in settori con delle retribuzioni mediamente più basse degli uomini. E per questo il lavoro delle donne spesso è considerato sacrificabile. Questo non è accettabile e per invertire la rotta dobbiamo partire dalla valorizzazione delle competenze femminili e il sostegno all’occupazione stabile e di qualità.

 

Cosa prevedere la giornata contro le discriminazioni di genere sul lavoro?

La Giornata regionale contro le discriminazioni di genere sul lavoro è finanziata con 60 mila euro per il prossimo triennio. Si celebrerà il 7 giugno ed è concepito come un momento di promozione dell’educazione e dell’informazione su tutto il territorio regionale in materia di discriminazione sul lavoro basata sul sesso.

In che modo pensa sia possibile estendere a tutta Italia la legge e soprattutto come è possibile abbattere il divario di genere nel mondo del lavoro se consideriamo, ad esempio, che questa legge è stata firmata per la maggior parte da donne?

Le leggi, come dico sempre, sono solo una parte della soluzione. Sono un primo passo ma da sole non sono sufficienti. È necessario che gli strumenti normativi interpretino lo spirito del tempo e sappiano intercettare e accompagnare cambiamenti sociali e culturali in corso o che hanno solo bisogno di input. Questa legge si schiera dalla parte delle donne, ma richiede l’aiuto di tutti, compresi gli uomini, per creare un’alleanza nel mondo del lavoro e nella società. Siamo partiti dal Lazio, ma già tante altre Regioni hanno accolto positivamente la proposta presentandone di simili e anche il Parlamento ha un rinnovato interesse sul tema.

Secondo questa legge, quindi, si premia chi applica l’uguaglianza, principio sancito dalla Costituzione. Una normativa, la 182/2019, mossa da buoni propositi e da valide motivazioni, ma contestualizzata in un Paese evidentemente ancora troppo radicato in un sistema patriarcale in cui la parità di genere non è naturale ma acquisita. Tuttavia, la stessa Consigliera Mattia incoraggia le donne e farsi spazio nel mondo del lavoro, se quest’ultimo spazio non ce ne dà. “Sta a noi prenderci lo spazio che meritiamo e continuare a fare rumore”.

 

 

 

 

 

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Paola Sireci