Il welfare aziendale si colora di rosa

Il welfare aziendale si colora di rosa

Lo scorso 24 marzo è stata presentata la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 dalla Ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti e il Presidente UNI (Ente Nazionale di Unificazione) Giuseppe Rossi volta a stabilire i criteri per ottenere la certificazione della parità di genere, uno dei punti principali del PNRR e quinto obiettivo fissato dall’ONU per lo sviluppo sostenibile.

“Le pari opportunità sono state poste dal Governo tra i temi centrali per la crescita e la ripresa del nostro Paese. La certificazione di genere aiuterà le imprese nella progettazione di politiche che investono in lavoro femminile. È uno strumento che rende concreto il principio secondo cui l’investimento sul talento femminile è conveniente per il Paese ed è conveniente per il tessuto imprenditoriale”

afferma la Ministra Bonetti che ripone fiducia nella forza lavoro femminile e nel ruolo gestionale e dirigenziale delle donne, ai margini del mondo lavorativo come conseguenza alla pandemia che le ha costrette ad abbandonare o indebolire la loro posizione lavorativa. Il documento, dunque, consiste nell’attuazione di linee guida sul sistema di gestione della parità di genere attraverso l’adozione di specifici indicatori prestazionali inerenti alle politiche di parità di genere nelle organizzazioni.

Nasce un network femminile

L’entrata in vigore del UNI/PdR 125:2022 si fonde perfettamente con la recente partnership rosa tra due società a sostegno, tutela e incoraggiamento delle donne: Walà e Women at business, un network femminile integrato con l’obiettivo di creare delle forme di welfare aziendale mirato a sostenere le donne nella loro ascesa professionale in un contesto socio-politico in cui è ancora forte il divario di genere all’interno del mondo lavorativo, malgrado gli obiettivi del PNRR e dell’ONU in materia di parità di genere. Nonostante le battaglie ancora in atto verso questa vittoria, è innegabile che le donne si scontrino quotidianamente con la consapevolezza di dover sacrificare la loro attività lavorativa per non venire meno ai loro ruoli familiari che non si conciliano con quelli professionali: da qui la rinuncia a cariche dirigenziali, a lavori a tempo pieno – per citarne qualcuno – e il bisogno di qualcuno che tuteli questa condizione di sacrificio e di precarietà non dettata dalla mancanza di lavoro. È stato mai chiesto a un uomo di fare delle scelte in ambito lavorativo per adempiere a pieno al ruolo di padre, marito o compagno?

Da questa condizione la necessità di mettere a terra delle competenze e delle risorse al femminile da realizzare insieme alle imprese, che vogliono dare il loro contributo in materia di responsabilità sociale. La partnership tra Walà e Women at business mira proprio ad agevolare e consolidare l’ingresso, la permanenza e la progressione delle donne nel mercato del lavoro. Da un lato Walà, neonata società benefit con lo scopo di realizzare e progettare nei diversi settori sistemi di welfare integrato, accompagnando imprese, enti del terzo settore e PA nel raggiungimento di tale obiettivo, dall’altro Women at business, piattaforma di dating professionale che crea incontri tra aziende e professioniste secondo la stessa dinamica delle app dating, ossia attraverso delle affinità che possano creare potenziali collaborazioni tra lavoratori e imprese. Al timone di entrambe le aziende professioniste donne con alle spalle competenze ed esperienze più disparate che hanno in comune il bilanciamento tra vita professionale e personale e che hanno scelto di rimettersi in gioco supportandosi vicendevolmente. Il motto di Women at business, infatti, è “donne che aiutano le donne” ad appropriarsi della propria sfera professionale. Ce lo dicono direttamente Ilaria Cecchini, co-founder di Woman at Business e Martina Tombari, CEO Co-founder di Walà Srl Società Benefit alle quali abbiamo chiesto in cosa consiste la partership tra le due società.


Quando nasce la vostra società, perché e da quale necessità?

I.C.: L’idea nasce da un’esigenza personale di Laura che tornando in Italia dopo tanti anni all’estero aveva voglia di lavorare. A 50 anni ha pensato, però, che il reinserimento del mondo del lavoro sarebbe stato difficile. Quindi perché non ideare uno strumento che aiuti le donne a rientrare nel mondo del lavoro attraverso l’innovazione e la tecnologia?

Il progetto prende forma nel 2019 e dà origine a ricerche di mercato, business plan, verifiche di fattibilità legali, di privacy e GDPR, flussi per realizzare la piattaforma e l’algoritmo di matching. Abbiamo così capito che il lavoro femminile in Italia era un territorio inesplorato dall’innovazione e noi lo abbiamo fatto nostro.

M.T.: Walà nasce a novembre dello scorso anno dall’incontro con Domenico De Liso.

Ho spesso sentito la spinta a volermi occupare in prima persona, “mettendoci la faccia”, nel supportare aziende, organizzazioni, territori nell’implementazione di progetti incentrati sul Welfare, inteso in termini di ascolto, cura e benessere delle persone.

Sentivo che i tempi erano maturi per poter costruire un mio percorso imprenditoriale indipendente, anche spinta e supportata da colleghi e stakeholder delle mie esperienze pregresse, ma anche da amiche con cui avevo condiviso “gioie e dolori” ma soprattutto ho voluto che Walà fosse una realtà a guida femminile. Questo perché ad oggi in Italia solo un’impresa su 6 è guidata da donne: su 6 milioni di imprese, solo 1,3 milioni sono a guida femminile e meno di 154mila sono quelle giovanili, rispettivamente il 22% e il 2,6% del totale. La domanda da porsi è: come mai? Perché le donne, così indubitabilmente riconosciute come altrettanto capaci di talento imprenditoriale come gli uomini, non se la sentono di fare questo un salto? Come possiamo superare questo stigma? Con che strumenti, e che supporto?

 

Recentemente è stata stipulata una partnership con Woman at business, coincidente con l’uscita dell’UNI/PdR 122:2022. In cosa consiste?

I.C.: La nuova partnership tra Walà e Women at Business è finalizzata proprio ad agevolare e consolidare l’ingresso, la permanenza e la progressione delle donne nel mercato del lavoro. la partnership di Walà e di Women at Business si inserisce in un contesto in cui sono ancora poco diffuse formule atte a implementare questa cultura, una scelta che vuole colmare questo gap con un’effettiva “messa a terra” delle competenze e delle risorse al femminile da realizzare insieme a imprese che vogliano dare il loro contributo in materia di responsabilità sociale.

M.T.: La partnership con Woman at Business nasce proprio, oltre che dalla stima per il percorso professionale di tutte le socie e per l’adesione al loro progetto, dalla restituzione che ci arriva dalle aziende, o meglio, dalle lavoratrici stesse.

Walà è in grado di intercettare richieste e bisogni delle aziende che in maniera lungimirante non vogliono disattendere le attese della missione 5 del PNRR, in cui sono introdotte misure che accompagnano e incentivano le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il gap di genere. Women at Business, grazie al suo network che in grado di rimettere in circolo le competenze di tante donne, rappresenta un’opportunità che crediamo essere molto interessante e soprattutto efficace per le aziende e per le donne.

 

Non pensa che oggi, nel 2022, supportare programmi a tutela delle lavoratrici e in generale delle donne possa sembrare mera retorica dal momento che sono molti i successi raggiunti nel corso della storia fino a oggi? 

I.C.: Noi siamo uno strumento concreto per dare a tutte le donne un’opportunità di avere una propria dimensione professionale e trovare la propria indipendenza economica.

M.T.: No, come spiegavo prima, non si tratta per nulla di una questione di mera retorica. Ci troviamo in una situazione in cui è necessaria una “discriminazione intelligente” per poter raggiungere l’equità. Anche la prassi cita l’art 3 della Costituzione e il necessario passaggio dall’uguaglianza formale all’uguaglianza sostanziale, ed è arrivato il momento che siano rimossi gli ostacoli che la impediscono.

I dati ci dicono che il divario di genere in Italia, misurato su quattro distinte dimensioni – salute, istruzione, economia e politica -, è risultato colmato quasi interamente nell’ambito della salute e dell’istruzione, mentre è ancora notevole in termini di gap salariale, partecipazione economica e in termini di rappresentanza politica. Calano le assunzioni di donne in ruoli di leadership, con un’inversione di 1 o 2 anni di progresso (rappresentano solo il 3 per cento dei vertici in Italia e durante la pandemia hanno ridotto, molto di più rispetto agli uomini, l’orario di lavoro, in alcuni casi hanno abbandonato la strada che le avrebbe portate a delle promozioni). La lettura di queste cifre, poi, va fatta alla luce di un dato culturale che ne è origine e conseguenza: i carichi di cura, aumentati durante il lockdown e i lunghi mesi di restrizioni, spettano in gran parte alle donne.

Quindi ribadisco, il percorso verso una reale equità di genere è ancora lungo, ma ci sembra molto bello che due start up a guida femminile possano dare il loro contributo in questa direzione.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Redazione Proposte UILS