La Lady con la lanterna e i suoi impavidi successori

La Lady con la lanterna e i suoi impavidi successori

di Chiara Rebeggiani

Ogni anno il 12 maggio si celebra la Giornata Internazionale dell’Infermiere nella ricorrenza della nascita di Ms Florence Nightingale, fondatrice della moderna scienza infermieristica.

La Nightingale, nata a Firenze nel 1820 da una nobile famiglia inglese, intuisce che per migliorare i risultati dell’assistenza sanitaria britannica era necessario iniziare a lavorare su alcuni concetti fondamentali come l’igiene degli ambienti e degli stili di vita, l’organizzazione dei servizi di assistenza sociale e le relazioni infermiere-paziente.

Intorno a questi concetti Florence, riuscirà a costruire le basi per la nascita e lo sviluppo dell’infermieristica moderna.

La “Lady con la lanterna”, così chiamata per la sua peculiare modalità di visita ai feriti durante la guerra in Crimea, è stata la prima donna a ricevere l’Order of Merit, una delle più alte onorificenze conferite dalla corona britannica.

Nel corso degli anni la figura dell’infermiere si è evoluta e adeguata ai progressi della scienza medica in genere, ma i principi di base della Nightingale sono ancora lì a sostenere una professione che non è solamente il mero svolgimento di procedure mediche, ma anche, e soprattutto, donazione di sè a chi soffre.


Ritornando al giorno d’oggi, quale valore assume la celebrazione della Giornata dell’Infermiere, in questo contesto critico della  pandemia?

In primo luogo si vuole segnalare la devozione, il sacrificio, l’impegno fisico e psicologico di quella che più di una professione potremmo definire una vocazione.

Il Ministro della salute in tal senso ha ribadito in una recente intervista che attraverso la Giornata dell’Infermiere “celebriamo la vocazione di un servizio che ha rivestito e rivestirà sempre un ruolo fondamentale negli ospedali e nel rapporto con i malati e le famiglie sul territorio.

Il lavoro va sostenuto sempre per tutelare il diritto alla salute di tutti noi”.

Sempre in prima linea anche nella battaglia contro la pandemia da Covid-19, la loro professione è stata quella più colpita durante tutto il periodo dell’emergenza, con circa 14.000 contagi e almeno un centinaio di decessi (FNOPI).

A questo si aggiunge l’esistenza di problematiche evidenti che riguardano diversi ambiti di questa professione e che in qualche modo aumentano il disagio in corsia e ne affievoliscono la motivazione nell’esercizio.

Tra queste si segnalano la carenza di personale, un’indeguata retribuzione, eccessivo carico di lavoro e orari di lavoro spropositati, nonchè una mancata corrispondenza tra ruoli e responsabilità.


Per un maggiore approfondimento della tematica abbiamo raccolto la testimonianza di tre professioniste nel campo infermieristico che prestano servizio sia in Italia che all’estero.

  1. Perché scegliere di studiare Scienze Infermieristiche e non Medicina?

Susanna (Italia) – Ritengo che le due professioni abbiano un ambito comune cioè la cura del paziente; il medico si occupa della patologia e fa diagnosi mediche, l’infermiere si occupa della persona e fa una diagnosi infermieristica, ponendo cioè l’attenzione all’aspetto psicologico e fisico della persona, nei suoi bisogni e necessità che va ben oltre la singola patologia.

Monica (Stati Uniti) – Essere infermiere è un privilegio perchè si ha l’opportunità di stare con i pazienti per molto tempo, questo ci dà la possibilità di instaurare rapporti basati sulla fiducia reciproca, inoltre il percorso di studi nonché gli orari di lavoro, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti, sono flessibili garantendoci la possibilità di studiare per tenerci aggiornate.

Beatrice (Italia) – Ho scelto d’intraprendere questo percorso di studi perché ho sperimentato sulla mia pelle la cura e l’amore degli infermieri che si son presi cura di me quand’ero bambina.

Quest’esperienza d’amore mi ha segnato nel profondo tanto da spingermi a intraprendere lo stesso percorso: stare vicino ai sofferenti poterli curare e consolare e dare a loro quello che avevo ricevuto anni prima.

 2.Quali sono state le criticità e le problematiche riscontrate negli ultimi anni?

S.- Le criticità sicuramente riguardano soprattutto la pandemia e la carenza di infermieri rispetto alla richiesta che c’è stata; il lavoro si è triplicato e il compenso economico non è mai paragonabile allo stress fisico psicologico di cui si sobbarca un infermiere.

B.- Le problematiche che riguardano il nostro mestiere sono tante: l’obbligo di fare doppi turni per mancanza di personale, lavorare senza i giusti presidi con la paura di contrarre noi qualche malattia, orari pesantissimi per uno stipendio bassissimo, la difficoltà di stabilizzazione in un determinato ospedale che comporta lavorare per le cooperative con la conseguenza di essere spostato continuamente da un reparto all’altro lavorando 2-3 infermieri a turno quando ne occorrerebbero il doppio

  1. Quant’è vera l’affermazione “la sanità non funziona senza infermieri”?Per quale motivo?

S.- L’affermazione è vera al 100%. Le corsie degli ospedali non collassano perché sono sostenute dagli infermieri che forniscono assistenza h24, a domicilio, negli Hospice, nelle missioni umanitarie, nelle scuole e ovunque sia necessario.

M.- Affermazione assolutamente vera perché gli infermieri sono molte volte all’avanguardia della medicina. Sono quelli che operano in maniera tempestiva nelle comunicazioni tra paziente e medico, sono le mani e gli occhi del medico, agendo con l’esperienza aiutano il personale medico a prendere la giusta decisione.

B.- Affermazione vera. Come dicevo prima, spesso per la mancanza di personale ci vediamo costretti a sacrificare la nostra vita privata per garantire al meglio che il reparto non collassi.

Non esistendo sussidi economici per assumere altro personale, anche quando dovremmo assentarci per malattia ci ritroviamo a lavorare per sostituirci a vicenda con una mole di lavoro importante, con grandi responsabilità perché lavoriamo con la vita delle persone.

Quindi si può dire che la sanità senza di noi non funziona.

 

  1. Quanto è importante per te il rapporto con il paziente e perché?

 

S.- Per me il rapporto con il paziente è importante perché mi da un feedback sull’assistenza che presto. Un paziente che è in un ambiente sereno che trova le risposte alle sue ansie e domande, che è accudito nel modo corretto, mi ricambia con un rapporto di fiducia e di competo affidamento.

M.- Il rapporto con il paziente è essenziale. Purtroppo, sempre per la carenza di staff, spesso questo rapporto soffre.

B.- Il rapporto con il paziente per me è il lavoro stesso, tutto gira intorno a questo.

Noi curiamo l’aspetto fisico e psicologico. Noi li prepariamo a guarire e a volte anche alla morte. In che modo? Tramite l’amore che si dà tutto senza volere nulla in cambio.

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Chiara Rebeggiani