Lula libero e presidente: il Brasile è tornato

Lula libero e presidente: il Brasile è tornato

| Dopo il Perù e la Colombia, anche il Brasile svolta a sinistra |

Proposte N. 12 – Dicembre 2022

Dopo due mandati e un anno e mezzo di carcere per false accuse, Lula torna ad essere eletto dal popolo.

Hanno provato a seppellirmi vivo, ma ora sono qua.” Così ha parlato Luiz Inácio Lula da Silva _ conosciuto dai più come Lula – dopo la vittoria elettorale dello scorso 30 ottobre.

Nato in una famiglia povera del Pernambuco, dopo qualche anno si trasferisce nello Stato di San Paolo e successivamente inizia a lavorare come lustrascarpe; a 19 anni perde il mignolo della mano sinistra in un incidente in fabbrica ed è intorno a quel periodo che inizia ad interessarsi alle attività del sindacato.

Nel 1980, nel pieno della dittatura militare brasiliana, assieme a professori, sindacalisti ed intellettuali, fonda il Partido dos Trabalhadores.

Nel 1986 conquista un seggio al Congresso e nel 1989 si candida alla presidenza come rappresentante del PT: tuttavia, non piacendo ad imprenditori e banchieri, viene penalizzato da alcuni brogli elettorali che fanno sì che manchino sezioni di voto in quartieri poveri – in cui Lula era ampiamente favorito. Nel 1990 decide di non candidarsi, però nel 2002 vince le elezioni con il 61% delle preferenze e quattro anni dopo viene riconfermato presidente. Nel 2010, non potendosi candidare per un terzo mandato consecutivo, indica come suo successore la politica ed economista Dilma Rousseff.

Al centro della politica di Lula vi sono sempre stati programmi sociali basati sulla lotta alla fame: emblematico è stato Fome Zero, che prevedeva la costruzione di cisterne per l’acqua nella regione semi-arida del Sertão, oltre a misure per contrastare la gravidanza adolescenziale, rafforzare l’agricoltura e distribuire una quantità minima di denaro ai poveri. Ad ogni modo, il più grande programma sociale è stato Bolsa Família: esso, assieme a Brasil Sem Miseria, che erogava sussidi a milioni di famiglie garantendo sostentamento e scolarità gratuita, ha contribuito a migliorare le condizioni di vita.

Grazie a queste politiche di welfare, nel 2005 il Brasile ha ripagato il suo debito con il Fondo Monetario Internazionale e, tra il 2004 e il 2012, la deforestazione amazzonica è diminuita da 27700 a 4500 km² all’anno.

L’attività politica di Lula viene bruscamente interrotta da accuse di corruzione, ma nel 2019, dopo 589 giorni incarcerato, viene rilasciato, e nel 2021 viene prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile: proprio quest’istituzione ha riconosciuto una certa “parzialità” di giudizio, in particolare da parte del giudice Sergio Moro – in seguito nominato Ministro della Giustizia durante la presidenza Bolsonaro.

Tuttavia, dopo aver riacquistato i diritti civili e politici, quest’anno Lula si è candidato per il suo terzo mandato, vincendo con il 50,9 % dei voti: “questa vittoria non è mia o del mio partito, è del popolo brasiliano”, ha detto.

Ha poi proseguito parlando dei valori fondanti del suo programma, che in fondo rispecchiano le necessità della gente comune: crescere un figlio in sicurezza, un salario giusto, diritto alla salute e all’educazione, libri anziché armi – poiché “la cultura alimenta la nostra anima”. Ha inoltre affermato che il Brasile è tornato e smetterà di essere il paria del mondo, rifiutando accordi commerciali che lo condannino all’eterno ruolo di esportatore di materie prime.

La vittoria di Lula segna la svolta a sinistra di un altro Paese sudamericano: in questo caso, il più grande, il più popoloso e con la quota maggiore della foresta amazzonica.

E, proprio durante la Cop27 dello scorso 16 novembre, il presidente ha fatto dell’Amazzonia uno dei nuclei del discorso, scagliandosi anche contro il governo precedente: “il Brasile è riuscito a fermare l’avanzata della destra autoritaria e del negazionismo climatico, e da questo risultato non dipendono solamente la pace e il benessere del popolo brasiliano, ma anche la sopravvivenza dell’Amazzonia e pertanto la sopravvivenza del nostro pianeta.” Ha inoltre sottolineato il negazionismo con cui è stata affrontata la pandemia, che ha ucciso 700.000 brasiliani.

Tra le sue proposte, vi è quella di includere più nazioni nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU; ha anche annunciato che, dopo le elezioni, Germania e Norvegia hanno pensato di ri-aprire il Fondo Amazzonia per tutelare ulteriormente la foresta: infine, ha espresso il desiderio che il Brasile ospiti la Cop del 2025, precisamente l’Amazzonia.

Questo governo sembra sognare in grande: lotta alla fame, alla povertà, al cambiamento climatico, alla devastazione dell’Amazzonia… ma Lula ha 77 anni, si potrebbe obiettare. Ci piace concludere con la risposta che lui stesso ha dato il 30 ottobre: “non è l’età che invecchia una persona, è la mancanza di una motivazione. Il Brasile è la mia motivazione, il popolo è la mia motivazione, combattere la miseria è la ragione per la quale voglio vivere fino alla fine della mia vita.”

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Maria Casolin