Cimitero di migranti nel Mediterraneo, l’Europa deve cambiare rotta.

Cimitero di migranti nel Mediterraneo, l’Europa deve cambiare rotta.



L’inchiesta di The Guardian

Secondo un’inchiesta condotta dal The Guardian sarebbero oltre duemila le morti di migranti legate ai respingimenti illegali messi in atto dall’Unione Europea. 

L’UE avrebbe sfruttato l’epidemia da Coronavirus come scusa per blindare i propri confini.

Durante la pandemia l’Unione Europea avrebbe compiuto operazioni illegali per respingere fuori dai propri confini 40.000 richiedenti asilo con la complicità dell’agenzia di frontiera Frontex. Operazioni che hanno provocato la morte di oltre 2000 persone.

Dall’inizio dello scorso anno paesi come la Croazia, la Grecia, Malta, la Spagna e l’Italia, che per ragioni geografiche sono certamente fra i più colpiti dal fenomeno migratorio, avrebbero messo in atto misure più rigide volte a contrastare l’immigrazione sfruttando come scusa il Coronavirus.

Molti di questi paesi europei avrebbero utilizzato tattiche illecite, dall’aggressione alla brutalità durante la detenzione o il trasporto.

Il Guardian ha raccolto testimonianze di migranti che sarebbero stati derubati, picchiati e abusati da membri della polizia croata.

Alcuni migranti hanno affermato di essere stati marchiati con delle croci rosse disegnate con vernice spray sulle loro teste dagli agenti della polizia croata. Gli agenti hanno affermato che il trattamento fungeva da “cura per il coronavirus”.

Da gennaio 2020 la Grecia, secondo quanto riportato dal “Border Violence Monitoring Network”, avrebbe respinto circa 6.230 richiedenti asilo dai suoi confini facendoun uso sproporzionato ed eccessivo della forza”.

Nell’aprile del 2021 l’ONG Legal Centre Lesvos ha intentato presso la Corte Europea una causa contro lo Stato greco per un episodio risalente all’ottobre dello scorso anno.

L’accusa è quella di aver abbandonato in mare senza acqua né cibo dozzine di migranti su zattere di salvataggio.

“They let them drown”, 13o migranti lasciati annegare da Libia e Italia

Un quadro a dir poco raccapricciante quello delineato dall’inchiesta del quotidiano britannico e che vede coinvolta anche l’Italia.

Come riportato da Matteo De Bellis, ricercatore presso Amnesty International, l’Italia avrebbe sfruttato la pandemia per dichiarare i propri porti non sicuri. Una  strategia adottata peraltro anche da Malta.

Nell’aprile di quest’anno il governo italiano si è poi reso protagonista di un triste fatto di cronaca.

L’Italia e la Libia sono state infatti accusate di aver deliberatamente ignorato una chiamata di soccorso che segnalava la presenza di un gommone di migranti a largo delle coste libiche. Gommone che è poi naufragato il 22 aprile provocando 130 vittime.

Stando a quanto ricostruito da Alarm Phone, la linea telefonica di soccorso del Mediterraneo gestita da volontari “non è stato un incidente”. Un’accusa pesante quella mossa da Alarm Phone, secondo cui i migranti “potevano essere salvati ma tutte le autorità consapevolmente li hanno lasciati morire in mare”.

Il commento di Matteo Salvini.

L’episodio è stato tristemente commentato da Matteo Salvini, leader della Lega, che su twitter ha scritto: “morti sulla coscienza dei buonisti”.

Un commento agghiacciante, sintomo della profonda crisi di solidarietà in cui da anni versa l’Europa e che si avvale della solita retorica del “buonismo”, tanto cara alle destre.

E’ però importante ricordare a Salvini e a chi la pensa come lui che queste morti non gravano sulla coscienza di quelli che i leader dell’estrema destra apostrofano come buonisti.

Queste morti gravano sulla coscienza dell’Europa e dell’Italia e sono il frutto di deliberate scelte politiche.

Gravano sulla coscienza di tutti quei politicanti che, in mancanza di programmi politici concreti, cavalcano l’onda del malcontento, strumentalizzando il tema dell’immigrazione e criminalizzando l’operato delle ONG.

La fine di Mare Nostrum e le politiche di esternalizzazione

Sono le politiche di esternalizzazione che l’UE sta portando avanti  e la chiusura dei confini che hanno reso quella del Mediterraneo centrale la rotta migratoria più pericolosa al mondo.

Dal 2014, il primo anno in cui si è cominciato a documentare i viaggi dei migranti, ad oggi sono oltre 20.000 le persone morte in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa, 17.000 delle quali nel Mediterraneo centrale. Morti che in molti casi potevano essere evitate.

La recente archiviazione del caso di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3 assolta perché “aveva il dovere di salvare vite umane” dovrebbe rappresentare un monito per l’Europa.

Ci dovrebbe ricordare che salvare degli esseri umani non costituisce alcun reato come vorrebbero farci credere certi leader populisti.

Ci ricorda che ogni respingimento rappresenta una chiara violazione del diritto internazionale e che la tutela dei diritti umani deve essere prerogativa dell’Unione Europea.

Le morti nel Mediterraneo non devono diventare una consuetudine, ma possono essere evitate. E’ preciso dovere dell’Europa garantire rotte sicure e legali affinché queste tragedie non si ripetano.

E’ ora di intervenire, non possiamo e non dobbiamo abituarci all’orrore.

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Amina Al Kodsi