le Barriere architettoniche, è la cultura a rendere gli spazi accessibili

le Barriere architettoniche, è la cultura a rendere gli spazi accessibili

Si parla molto spesso di barriere architettoniche ma si fa molto poco per abbatterle. La progettazione di spazi senza ostacoli è regolata da una normativa che esordisce negli anni 70 per tutelare mutilati e invalidi civili, continua con la legge 13/1989 a cui segue il Decreto Ministeriale 236/1989, ovvero il primo testo in cui si descrivono minuziosamente i criteri di costruzione per ambienti che siano accessibili. Nonostante le molteplici direttive, in diverse strutture non sono presenti rampe o scivoli, montascale o ascensori.

Altri tipi di assenze sono la mancanza di segnali che consentono l’identificazione dei luoghi e l’orientamento per persone con disabilità sensoriali, si rifletta alla mancanza di pannelli con alfabeto braille. In un discorso che prende in esame le barriere, è sbagliato fermarsi ad analizzare solo quelle fisiche, è opportuno estendere l’analisi anche a quelle che sono barriere relazionali o sociali. In questo caso si può distinguere tra barriere e facilitatori. Per spiegare i primi si può fare l’esempio di una persona che critica un disabile, al contrario, tra i facilitatori rientrano tutti quei comportamenti di collaborazione, si pensi ad un bambino che gioca con un suo compagno disabile o autistico.

barriere architettoniche

Intervista a Giuseppe Trieste, presidente di Fiaba Onlus

Per approfondire la problematica delle barriere architettoniche, abbiamo intervistato Giuseppe Trieste, presidente di FIABA Onlus, associazione con lo scopo di sensibilizzare sull’ importanza dell’abbattimento delle barriere architettoniche. Fondata nel 2000, FIABA Onlus ha portato avanti innumerevoli progetti, uno dei più importanti è l’istituzione con DPCM del 28/2/2003 del Fiabaday, ovvero la giornata nazionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche, in programma la prima domenica di ottobre.

Le barriere architettoniche come problema culturale

Il presidente Trieste ci tiene a precisare che alla base della questione delle barriere architettoniche c’è un problema culturale. L’abbattimento delle barriere architettoniche avviene se c’è un cambiamento culturale in nome delle pari opportunità. Si tratta di un problema che non riguarda solo le persone con disabilità, al contrario, riguarda tutti, in quanto coinvolge tutti gli ambiti della vita di ogni giorno.

Non bisogna pensare alle barriere architettoniche come ad una difficoltà che interessa solo la persona in carrozzina. Le persone a ridotta mobilità non sono solo coloro con una disabilita, ma anche donne in gravidanza o che spingono un passeggino, uomini di bassa statura, oppure gli anziani, in poche parole tutti coloro che trovano impedimenti negli spostamenti. Per questo, Giuseppe Trieste parla di barriere architettoniche come di un problema culturale, poiché bisogna considerare la persona come tale e non pensare alla sua disabilità. Le barriere architettoniche, quindi, non si rimuovono semplicemente osservando una legge o di una direttiva, ma si possono eliminare se tutti adoperassero il proprio senso civico, abbandonando gli interessi personali.

Promuovere la cultura della diversità

Individuate le barriere architettoniche come problema culturale, per risolverlo bisogna fare molta sensibilizzazione e formazione. È necessario, secondo il presidente Trieste, educare per vedere la diversità senza pregiudizi che sono dannosi per il raggiungimento di una migliore qualità della vita. La diversità non deve essere un fattore di discriminazione, anzi, deve essere un punto di forza, occorre diffondere una cultura della diversità, fondamentale per potenziare il tessuto sociale, solo in questo modo si avranno servizi agibili per chiunque.

Per poter fare tutto ciò, è indispensabile partire dalle scuole che devono essere il luogo in cui si difende la diversità e dove non la si percepisce come elemento negativo. Giuseppe Trieste chiarisce che i bambini più piccoli non avvertono la diversità, se ne rendono conto quando spesso, purtroppo, proprio all’interno delle scuole, coloro con disabilità sono separati dal resto della classe. Le scuole quindi hanno il doppio compito di educare e valorizzare la diversità. Se prima si parlava di integrazione, adesso si deve parlare di inclusione. Se l’integrazione è portare tutti allo stesso livello, traguardo impossibile da realizzare, con l’inclusione, invece, ognuno possiede gli strumenti adeguati.

L’abbattimento delle barriere architettoniche come beneficio per l’intera comunità

Il Presidente Trieste spiega che se una società si impegna nell’eliminazione delle barriere architettoniche e offre servizi praticabili per persone con disabilità, non sono solo quest’ultimi a beneficiarne, bensì l’intera comunità. Un esempio può essere il settore del turismo. Se i luoghi di vacanza fossero attenti all’abbattimento delle barriere architettoniche, a giovarne non saranno solo coloro con ridotta mobilità, ma l’intero comparto turistico che vedrebbe maggiori flussi di visitatori, ne consegue un aumento dei guadagni e quindi un beneficio per tutta la società.

La diversità è normalità

In conclusione, per far si che l’ambiente in cui viviamo sia accessibile, non si deve ragionare su come eliminare le barriere architettoniche. Pensare a come rimuoverle presuppone che ci siano, il problema è a monte, per cui bisogna fare in modo che non esistano. Non si deve prima costruire e poi rimediare con accorgimenti che rendano i luoghi agibili. È necessario partire con l’intenzione di progettare spazi che siano fin da subito praticabili da tutti. Non bisogna considerare la diversità come una peculiarità o come un’eccezione, al contrario, è essenziale tenere presente che la diversità è normalità. La diversità è ricchezza da condividere e comprendere. Tutti diversi, tutti unici e principalmente tutti importanti.

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Alessia Pina Alimonti