Violenza di genere, per liberarsi le donne devono chiedere aiuto e non avere paura

Violenza di genere, per liberarsi le donne devono chiedere aiuto e non avere paura

Tra i problemi della società odierna ci sono la violenza di genere e la violenza sulle donne. Sempre più spesso tra le notizie di cronaca sono presenti episodi di violenza che sfociano nel femminicidio. Per analizzare la questione abbiamo intervistato Roberta Madonna psicologa e counselor del centro antiviolenza Athena.

Il centro antiviolenza Athena

Dottoressa Roberta Madonna, il centro antiviolenza Athena è una realtà nuova a Roma, avete aperto da poco cominciando a dare un sostegno utile alle donne. Quali sono i servizi che il centro offre?

«Il centro antiviolenza Athena nasce per dare un aiuto al mondo femminile in riferimento alla violenza di genere. Cerchiamo di essere sempre presenti ci sono terapeuti, avvocati e volontarie che hanno fatto un corso volto all’aiuto di donne che hanno subito violenza. I primi contatti con le vittime di violenza sono telefonici, ne vengono fatti all’incirca tre e vengono compilate delle schede per comprendere la gravità della situazione, ci si confronta per capire qual è l’ostacolo per cui la donna non riesce a venire in sede. Il centro è aperto dalle 10:00 alle 12:00 e nel pomeriggio dalle 16:00 alle 18:00. C’è un numero di telefono sempre disponibile per le emergenze.

Quando si è formato il centro antiviolenza ho contattato tutti gli altri centri e le case rifugio per farci conoscere e dire “ci siamo anche noi”. È un aspetto importante perché vuol dire che c’è sinergia. Laddove si presenta una persona che chiede aiuto può essere indirizzata anche da noi».

Le diverse forme della violenza di genere

Come si manifesta la violenza sulle donne? Ci sono diversi tipi di violenza, quali sono le cause e le caratteristiche?

«Ciò che è importante distinguere è il conflitto dalla violenza. Nel caso del conflitto, infatti, siamo di fronte ad una situazione di parità relazionale in cui il confronto porta a una negoziazione tra le due parti. La violenza, invece, è una situazione di disparità relazionale tra le parti che non consente una negoziazione, ma che porta ad una prevaricazione di una parte sull’altra.

Ci sono diversi tipi di violenza, come quella emotiva, economica, casi di stalking. Tra le varie violenze c’è quella psicologica dove un uomo spesso narcisista fa sentire la donna inferiore, arrivando a picchiarla o ad abusare di lei. Quella economica si ha quando, ad esempio, una donna è una casalinga, nei casi in cui l’uomo non permette alla donna di andare a lavorare, assicurandole che penserà a tutto lui, ma in realtà è una forma di violenza, di privazione, obbliga la donna a rimanere a casa per tenerla con sé.

Comportamenti come alzare la voce o alzare l’indice sono campanelli d’allarme. Frasi come “tu non capisci niente”, “tu non sei nessuno” sono esempi di violenza verbale. Poi si arriva alla violenza più grave, come quella fisica o addirittura l’omicidio. Spesso le donne sono vittime di violenza in quanto hanno visto la violenza in famiglia nei genitori e quindi conosce quel tipo di “comunicazione” e va a ritrovare la stessa dinamica».

violenza di genere

Combattere la violenza

In che modo si può uscire dalla violenza?

«Si parte dalla consapevolezza di essere vittima. Arrivare al punto di chiedere aiuto. Chiedere aiuto ai centri antiviolenza, i terapeuti, gli avvocati possono dare un aiuto concreto. Se ne può uscire se si è consapevoli e se ne vuole uscire. A volte arrivano donne che a un certo punto interrompono il loro percorso perché hanno paura del cambiamento e hanno timore di distaccarsi da queste persone in quanto conoscono solo la violenza.

Spesso la violenza nasce già in famiglia, casi in cui la questione è: “che valore c’è tra la figlia femmina, uso questo termine per farmi capire meglio, e il figlio maschio?”. In questo periodo storico l’uomo si sente castrato perché la donna si sta emancipando sempre di più. Le donne si pongono degli obiettivi da raggiungere, la donna è sia mamma sia donna in carriera, incarna molteplici figure. Un senso di castrazione che a volte porta alla violenza».

Come si fa a sporgere denuncia?

«Nel centro antiviolenza, questo messaggio deve passare chiaro, non imponiamo di denunciare il proprio marito o colui che esercita violenza. La decisione deve partire sempre dalla donna, dal bambino o da chi ha subito violenza. Nel centro antiviolenza aiutiamo a consapevolizzare. Per la denuncia la vittima si reca alla polizia insieme ad un avvocato, che le ha spiegato tutto l’iter che deve fare. La figura di un avvocato è importante in quanto, una denuncia se non è impostata bene, rischia di essere procrastinata. Nel caso in cui la violenza è stata subita in famiglia c’è la possibilità che l’autore della violenza venga allontanato».

Come diventare volontaria del CAV

Come vengono formate le volontarie che vogliono far parte di un centro antiviolenza?

«Una delle caratteristiche per diventare volontarie è l’empatia. Una persona empatica è in grado di calarsi nella situazione dell’altro ma mantenendo un certo distacco. Comprende la situazione, non deve esserci giudizio. Alle volontarie viene fornito del materiale didattico per potersi aggiornare e informarsi. In ogni caso c’è sempre l’ausilio dei professionisti, quindi la volontaria si rapporta con loro.

È previsto un corso di formazione in cui si studiano i vari codici, come il codice rosa dove viene indicata la gravità di varie situazioni. Le volontarie vengono formate su come comportarsi quando arriva o quando telefona una vittima di violenza. Ho fatto un seminario sulla comunicazione verbale e non verbale. Capita che una donna dice una cosa a livello verbale ma ne dice un’altra a livello non verbale. Massima attenzione a quello che una donna dice, fare ascolto attivo. Le volontarie e tutte coloro che si occupano del centro, ovviamente, sono donne in quanto una vittima ha subito una violenza di genere da parte maschile. Una vittima in una volontaria donna trova accoglienza, accudimento. Nella volontaria rivedere la mamma, l’amica».

Dire no alla violenza di genere

Qual è l’importanza della Convenzione di Istanbul?

«La convenzione di Istanbul descrive i vari tipi di violenza per poterle riconoscerle e spiega come intervenire. L’articolo 3 è dedicato alle definizioni. Si illustrano le caratteristiche di “violenza nei confronti delle donne”, “violenza domestica” e “violenza contro le donne basata sul genere”. Viene esposto il significo di “genere” e “vittima”. Si chiarisce che con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni».

Quale consiglio si sente di dare alle donne vittime di violenza?

«Chiedere aiuto e non aver paura. Il primo passo verso il cambiamento per poterne uscire fuori è proprio chiedere aiuto. Sapendo che in questi centri ci sono persone specializzate, dei professionisti. Ci sono persone che non giudicano e non si costringe a fare qualcosa che non si vuole».

Uscire quindi dalla violenza si può! Bisogna prendere coraggio e iniziare un percorso che porti la donna a salvare sé stessa. Non si è mai sole, nei centri antiviolenza ci sono professioniste pronte ad aiutare e sostenere altre donne.

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Alessia Pina Alimonti