Femminicidio: ebrei, cattolici e musulmani contro violenza

Femminicidio: ebrei, cattolici e musulmani contro violenza

Religione e lotta alla violenza sulle donne

Presentata presso il Miur via la campagna di sensibilizzazione nelle scuole: “Not in my name”

Insieme, per rafforzare un impegno comune in opposizione a pregiudizio, discriminazione e violenza di genere, in particolare quella rivolta contro giovani e adolescenti, riconoscendo il ruolo che le attende in futuro nella società.

È la sfida del progetto “Not in my name. Ebrei, Cattolici e Musulmani in campo contro la violenza sulle Donne”, frutto della collaborazione tra l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la Comunità Religiosa Islamica Italiana e l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sotto l’egida del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ne ha finanziato la realizzazione.

Perché i tre monoteismi scendono in campo?

I tre monoteismi scendono in campo contro il pregiudizio, la discriminazione e la violenza di genere, nella convinzione che i valori universali di pace, giustizia, rispetto e amore per l’altro di cui sono portatori confliggono con tali fenomeni e possono contribuire a depotenziarli. Una tale formazione ai valori implica anche un approccio autocritico, volto a conoscere e superare le proprie contraddizioni interne, nella consapevolezza che non sempre le comunità religiose, nel corso dei secoli, sono state “amiche delle donne”. Tuttora, a volte, azioni discriminatorie e violente sono agite in nome della “fede” invertendo così i principi spirituali ed etici universali. L’obiettivo è quello di proporre un messaggio positivo, utile per la società nella sua interezza, proprio a partire dal nucleo fondante di ciascuna delle tre tradizioni religiose.

L’iniziativa, caratterizzata da un piano concreto di interventi rivolto alle nuove generazioni, attraverso il coinvolgimento delle scuole, è stata presentata nella sede del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. “Questo ministero – ha detto il ministro del Miur Fioramonti in un messaggio – è impegnato costantemente nella promozione di attività finalizzate al contrasto di ogni forma di violenza. Un proposito mandato avanti in maniera passionale e concreta”.

Femminicidio: ebrei, cattolici e musulmani contro violenza

Parlando della tragedia dei femminicidi, Livia Ottolenghi, assessore alla scuola dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane ha definito questa “Una realtà inaccettabile. Purtroppo l’attualità ci dice che l’attenzione su questo fenomeno non deve mai abbassarsi. Il ruolo delle donne all’interno della società va rafforzato. Il progetto mette insieme tre religioni – ebraica, cristiana e musulmana – come portatrici di valori. Mette insieme competenze ed esperienze culturali a favore delle giovani generazioni, educandole al rispetto. Perché questa è la parola chiave contro ogni violenza”.

Aisha Lazzerini, coordinatrice del Comitato scientifico del Coreis, ha sostenuto che l’iniziativa “è un atto necessario. L’Islam sembra per natura ostile alla donna: non è assolutamente vero.  La religione viene spesso utilizzata per giustificare atti di violenza nei confronti delle donne: è importante che siano autorevoli rappresentanti delle regioni ad attestare che la violenza non ha alcun fondamento con le religioni stesse; la spiritualità deve essere vivente”.

Per Marta Rodriguez, dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, “la religione non si esaurisce nella cultura. Questo mondo è disumanizzato e dobbiamo fare di più per sostenerlo”.

Il progetto si articola in settimane formative a Roma, Milano, Torino, laboratori teatrali, occasioni di dialogo e di confronto per contribuire alla consapevolezza critica e al depotenziamento dei pregiudizi.

Nella consapevolezza che pregiudizi, discriminazione e violenza attaccano soggetti oltre che idee e valori, si vogliono sensibilizzare i giovani al tema, rendendoli parte attiva e coinvolgendoli in prima persona nella costruzione del percorso formativo in vari modi:

– partendo dalle loro stesse esperienze, idee e conoscenze e stimolandoli a rivolgere la riflessione e l’osservazione anche su di sé, in una messa in gioco il più possibilmente integrata tra mente e corpo, pensiero e azione, parte razionale ed emotiva, sé e gli alti;

– strutturando i seminari in un modo interattivo che stimoli l’ascolto rispettoso degli altri e preveda diversi momenti di focus group, riflessione, condivisione, confronto, discussione, restituzione;

– collegando strettamente la formazione al concorso conclusivo, prevedendo diversi momenti di laboratori e pratiche nei quali i partecipanti sono chiamati a creare in gruppo prodotti di vario genere.

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Silvia Scafati