Quando il carcere diventa un’opportunità

Quando il carcere diventa un’opportunità

di Paola Sireci

Da un’idea di Flavia Filippi nasce il progetto “Seconda chance” per il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro.

Questi sono ragazzi normali, non me lo aspettavo”.

Una frase ricorrente per gli imprenditori che visitano le carceri di tutta Italia alla ricerca del lavoratore adatto per la loro azienda. Sembra un’utopia ma fa parte di quel progetto di integrazione e di pari opportunità messo in atto da Flavia Filippi, telecronista giudiziaria di La7 che, nel 2020, ha dato il via al suo progetto, divenuto associazione, Seconda Chance, finalizzato al reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro, una cerniera tra imprenditori e detenuti che applica la Legge Smuraglia, entrata in vigore nel 2000, in materia di sgravi fiscali e lavoro. In particolare, essa introduce delle norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti, assegnando sgravi contributivi e crediti di imposta alle cooperative o alle imprese che assumono o svolgono attività formativa nei confronti dei detenuti. Un segnale importante dato dall’associazione che, partendo dalla Regione Lazio, sta espandendosi in tutte le regioni d’Italia per dare, non solo, pubblicità alle aziende che decidono di aderire facendogli risparmiare risorse, ma anche un segnale di emancipazione morale all’interno di una società che marca sempre di più il divario tra le classi sociali, definendo e affermando gli emarginati. I detenuti scontano la pena per il crimine commesso – o non commesso – all’interno delle carceri e, scagionati, continuano a pagarne il prezzo attraverso la stigmatizzazione e l’esclusione che in alcuni casi li fa ricadere nel circolo vizioso della criminalità.

Seconda Chance nasce con l’idea, appunto, di dare una seconda opportunità a quelle persone che, prima di essere detenute, sono esseri umani. Dietro il progetto si cela grande fiducia nella rieducazione dei detenuti, argomento poco discusso a livello sociale e in particolare nei programmi politici, specie in questo periodo di forte crisi governativa in cui non c’è spazio per la questione giudiziaria. Abbiamo intervistato l’ideatrice e la fondatrice dell’associazione Flavia Filippi per comprendere meglio lo scopo del progetto e le modalità di attuazione.

Quando e da quale idea nasce Seconda Chance?

Il progetto nasce quasi due anni fa, quando la garante dei diritti dei detenuti di Roma, Gabriella Stramaccioni, mi ha portato dal provveditore delle carceri del Lazio e, al seguito di quell’incontro, mi sono messa a disposizione rendendomi collante tra gli imprenditori e le carceri. Ho avviato protocolli di intesa con la Rai, Crossa, con l’Associazione Costruttori Edili, con l’Unione Artigiani Italiani – per citarne qualcuna – e con altre grandi aziende.

Come è nata l’associazione?

Non appena l’economia ha iniziato a riprendersi, dopo il lockdown iniziale, ho iniziato a girare per ristoranti e varie imprese, parrucchieri e altre aziende per cercare imprenditori che supportassero il progetto. Arrivata a un certo punto, in particolare, dopo la mia ospitata Radio Carceri, al seguito della quale hanno iniziato a contattarmi da tutta Italia sia imprese che famiglie di detenuti ed ex detenuti, ho pensato di costituire un’associazione del terzo settore insieme ad Alessandra Ventimiglia Pieri e Beatrice Busi Deriu, ognuna delle quali si occupa di zone specifiche del territorio. Con l’Associazione stiamo procurando lavoro a Napoli, Terni, Rimini e, in generale, a livello nazionale e sto identificando delle figure che possano rappresentare Seconda Chance nelle varie regioni.

 Come avviene il processo di selezione dei detenuti da parte degli imprenditori?

L’imprenditore mi contatta per dirmi che sta cercando dipendenti, chiamo il direttore delle carceri, presento il progetto e, se d’accordo, porto l’imprenditore a Rebibbia, in una stanza in cui sono presenti tutti i detenuti mentre noi in un’altra stanza facciamo i colloqui. La sera stessa mando una scheda del detenuto all’imprenditore e poi scriviamo alla Direzione chi è stato scelto tra i candidati. Si mette subito in moto tutta la burocrazia e dopo due mesi, quando il magistrato di sorveglianza approva, il titolare dell’azienda farà una convenzione col carcere e il ragazzo firma un contratto di lavoro.

Qual è, dunque, la giornata tipo di un lavoratore/detenuto?

La mattina il lavoratore va al lavoro seguendo un percorso tracciato. Finito il turno torna in carcere, posa il cellulare dentro un armadietto e torna a dormire in un reparto specifico in quanto, secondo l’articolo 21 dell’Ordinamento penitenziario, i detenuti ammessi al lavoro esterno, alloggiano in reparti diversi dagli altri detenuti.

Ci può spiegare in cosa consiste la Legge Smuraglia e, se possibile, anche spiegare l’excursus della sua applicabilità in Italia?

La legge Smuraglia c’è da ventidue anni. Con questo tipo di assunzione, si abbattono i contributi del 95% e il credito di imposta è di euro 520,00 al mese quindi il costo del lavoro non si paga. In Lombardia so che è sfruttata la legge ma nessuno ne parla e posso dire che da quando ho avviato questo progetto – e sono entrata in contatto con moltissime aziende – non ho mai incontrato nessuno che la conoscesse e quindi sto avviando questa associazione anche per farla conoscere.

Un progetto, che conta sul supporto dell’ex Governo, finalizzato a dare un sostegno concreto alle aziende, sia in termini economici, sia pubblicitari e che, dall’altra parte, aiuta i detenuti a reinserirsi nella società dopo e durante la detenzione, contribuendo alla loro rieducazione, al sostegno psicologico e al loro rendimento professionale. Il motto che chiude l’intervista con Flavia Filippi e che riassume il fine ultimo dell’associazione è “guadagnare in termini di soldi, di pubblicità e come essere umani”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Redazione Proposte UILS