Roma ombelico del mondo.

Contro il Decreto Cutro la dignità umana è il centro di gravità per un nuovo modello di cittadinanza.
È la quarta assemblea pubblica quella che si è svolta sabato 15 aprile presso lo Spin Time Labs per costituire uno spazio di mobilitazione e di azione pubblica nella città di Roma. Il ciclo di incontri prende avvio subito dopo la strage di Cutro del 26 febbraio e tra gli obbiettivi principali si prefigge di generare azioni di resistenza contro la politica innescata dal governo, che con il varo del decreto immigrazione approvato nel Consiglio straordinario dei ministri del 9 marzo scorso tenutosi a Cutro poi passato in Senato il 20 aprile, eroderà la condizione giuridica dei cittadini stranieri.
L’assemblea è aperta. I portavoce delle varie realtà associative sono numerosi e lunga la lista degli intreventi. L’aria che si respira è un misto di entusiasmo ed energico sdegno. Particolare preoccupazione desta la linea dei 21 emendamenti presentati dalla Lega e del sub-emendamento avente lo scopo di cancellare la protezione speciale, la terza forma prevista in Italia per presentare una richiesta d’asilo, dopo quella che riconosce lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria.
La volontà era sin dal mese di marzo cancellare attraverso l’art. 7 del DL 20/2023, il cd. Decreto Cutro, il terzo e quarto periodo dell’art.19 dal comma 1.1 del TU sull’immigrazione, il divieto di espulsione, o meglio la tutela introdotta per il cittadino straniero che vietava l’espulsione in riferimento al diritto alla vita familiare e privata, a quello che è il ‘radicamento dello straniero nel territorio’, introdotto con il Decreto Lamorgese nel 2020, che ripristinò gli obblighi costituzionali in materia di protezione, oltrechè ossequiare l’art.8 della CEDU, dopo l’abrogazione della protezione umanitaria nel 2018 per effetto del ‘DL Salvini’. È quindi paradossale che a meno di tre anni dalle parole del Presidente Mattarella, che in occasione della Giornata mondiale del rifugiato del 20 giugno 2020 lanciò un appello al Paese e all’Europa – affermando che “la nostra azione di protezione e assistenza..non può deflettere o indebolirsi ma deve, anzi, rafforzarsi, con l’elaborazione di un nuovo corso dell’Unione europea in materia di migrazione e asilo, nel segno di un più incisivo e condiviso impegno comune” [1], che le tutele per i richiedenti protezione vengono in Italia largamente compromesse e che sotto le mentite spoglie del regolamento dei flussi si voglia semplicemente una ‘schiavitù moderna’, contingentata e limitata alla mera funzione produttiva e secondo tempi definiti dal governo senza tenere in considerazione il valore umano e dei suoi legami sociali e territoriali alla base di un possibile progetto migratorio. Chiaramente non desiderato.
Il 20 aprile il ‘decreto Cutro’[2], nonostante le “rilevanti perplessità” sollevate in sede di esame in Senato, sia sotto il profilo di legittimità costituzionale per l’assenza dei requisiti di necessità e urgenza richiesti dall’art. 77 secondo comma della Costituzione, sia perché le modifiche in materia di protezione speciale , che afferiscono al diritto di asilo, di divieti di espulsione e di respingimento, per la complessità degli istituti coinvolti “avrebbero dovuto essere oggetto di un disegno di legge ordinario anche, e soprattutto, al fine di valutare la compatibilità degli interventi previsti con gli obblighi costituzionali e con quelli derivanti dal rispetto degli accordi internazionali” [3] viene approvato e modificato con l’emendamento della maggioranza in Senato, che se non annullerà formalmente la protezione speciale per chi non abbia ottenuto la protezione internazionale, grazie ad una ‘riformulazione’ poi voluta dalla stessa maggioranza per evitare l’incostituzionalità, la restringerà comunque sostanzialmente, prevedendola solo per casi eccezionali. E limitando inoltre la possibilità della conversione in permessi di soggiorno per attività lavorativa oltreché l’accoglimento della domanda di protezione per cure mediche o per calamità che non dovranno più essere ‘gravi’ ma ‘eccezionali e contingenti’. Inoltre, solo i titolari dello status di rifugiato potranno accedere all’accoglienza prevista dal Sistema di accoglienza e integrazione SAI, fatto che avrà una grave ricaduta. Si stima infatti che circa 10.000 persone perderanno il diritto di protezione speciale, quindi di assistenza all’interno del sistema, generando ulteriori detenzioni amministrative, violazioni e respingimenti.
Quella che si vuole scongiurare è una vera crisi. Sono piovute copiose le critiche così come i sub-emendamenti presentati dalle opposizioni. Le azioni più significative giungono però dai cittadini stranieri e da realtà che agiscono e lavorano da anni sul territorio italiano, che in questa giornata di confronto pubblico non si vogliono limitare a pensare ad un’azione legata alla contingenza, ancorché necessaria in vista di questo inasprimento e della direzione marcata che la maggioranza ha dato al decreto, bensì alla promozione di un modello da realizzare attraverso una larga alleanza tra associazioni e cittadini, sulla base della trasversalità delle competenze e delle esperienze condotte sin qui nell’accoglienza.
L’obbiettivo è costruire una piattaforma unitaria con obbiettivi delineati e con una progettualità di lungo termine, “un’alternativa di accoglienza che si possa riprendere ed utilizzare all’interno di quella che si delinea come una vera débâcle democratica” afferma Giovanna Cavallo del forum ‘Cambiare l’ordine delle cose’ e che sottolinea la gravità delle misure rispetto ai richiedenti asilo, che uscirebbero dal sistema SAI per venire direttamente schedati e controllati dalle strutture affidate alla gestione della Croce Rossa, le profonde criticità di misure di frontiera per la domanda d’asilo e l’azzeramento della protezione speciale, fondamendale per la regolarizzazione e quindi per l’accesso a diritti fondamentali come le cure mediche e l’accesso alla casa.
E continua Kadir Monaco, portavoce del Movimento Migranti e Rifugiati Napoli promotore degli incontri in vista della mobilitazione nazionale ‘Non sulla nostra pelle!’ del 28 aprile a Roma, aggiunge al dibattito il rilievo del quadro internazionale e della fase storica, allargando la riflessione a questioni che non possono essere dimenticate. Il debito inflattivo in vari paesi e la ricaduta sulle questioni migratorie, come nel caso non isolato della Tunisia – la crisi climatica, anch’essa negata dal governo che promuove invece misure coercitive contro il dissenso – i conflitti dell’Africa Occidentale in Mali e Burkina Faso. E ora anche in Sudan.
“Il governo rende sicuri paesi in guerra, facendo decadere la tutela per persone provenienti dal sud del mondo…la decretazione d’urgenza nasce dallo sfruttamento di una strage, quella di Cutro..e ora il principio di democrazia interno del paese è attaccato con la proclamazione di uno stato di emergenza.”
Ricorda come attraverso assemblee comunitarie e intercomunitarie, nel mese di marzo, almeno 700 persone abbiano manifestato la loro volontà di avere un’interlocuzione pubblica lanciando un appello al quale hanno risposto in molti.
“Sono ONG, associazioni e movimenti di lotta che vogliono costruire un modello che sia una risposta a questo governo, ma soprattutto che sia una risposta al futuro. Abbiamo imparato che le lotte antirazziste sono lotte anticapitaliste. Sono della stessa natura, e indicano nemici inesistenti come i migranti, intaccano i lavoratori che vivono sulla propria pelle il conflitto capitalistico”.
La lista degli aderenti all’iniziativa è effettivamente molto lunga e rende visibile la rilevanza del terzo settore e degli enti che operano sul territorio insieme ai Comuni, e che rispetto a questo decreto non sono stati minimamente interpellati, nonostante una riflessione fosse necessaria.
L’approccio necessario e le vere urgenze.
Lucia, voce di Refugees Welcome, ribadisce che “questi decreti ed emendamenti non fanno altro che smontare il lavoro fatto, le condizioni di parità e uguaglianza che promuoviamo”.
E in merito a questa mancanza è di interesse quanto emerge attraverso un’intervista a cura si Emiliano Falconio apparsa sul sito di ANCI a Matteo Biffoni, sindaco di Prato e delegato ANCI all’immigrazione che ha chiesto “un supplemento di riflessione a Governo e Parlamento affinchè non decidano da soli” sottolineando la delicatezza del tema e rimarcando che “le urgenze sono altre: minori non accompagnati, innanzitutto, ma pensiamo anche a misure che consentano di accorciare i tempi di rilascio dei permessi di soggiorno, che oggi sono lunghissimi, rallentando i percorsi di autonomia e regolarità amministrativa”.
Anche la voce di Valentina Costa dell’Associazione Genitori Scuola “Di Donato”, ribadisce la necessità di un approccio globale. “L’Italia è lambita di striscio dai flussi, di emergenziale non c’è niente se non un modo di approcciare la questione da parte del governo che elimina i percorsi di integrazione contrariamente a quanto si sta facendo in molti paesi europei. L’Italia costituisce un unicum dove al contrario si inasprisce”.
Edgardo Maria Ioiza del gruppo ‘Melitea’ cita Mimmo Lucano, simbolo di un modello di accoglienza criminalizzato come quello del sogno realizzato del Villaggio Globale di Riace. “Le parole di Mimmo Lucano, che ha rifiutato il patteggiamento, sono parole fortissime…sono quelle di chi vive sulla propria pelle i problemi della migrazione in Italia. Noi sappiamo che chi è arrivato da lontano non è fragile, è forte, ha grande forza e creatività. Le persone forti fanno paura e rappresentano lo specchio rovesciato di questa società che si è seduta e piegata su sé stessa e non sa capire, né immaginare…perché quando parliamo di ambiente, lavoro e migrazioni, parliamo di sfruttamento di un sistema che ci opprime e che dobbiamo cambiare”.
La battaglia di tutti
Per costruire un modello bisogna partire dalle fondamenta, ovvero da una riflessione sulle chiavi di lettura che del fenomeno vengono date alla società, smantellando la distorsione costante che viene data dei fenomeni.
“Bisogna uscire dall’infantilizzazione dei soggetti a scopo manipolatorio, bisogna uscire dalla distorsione del tema della sicurezza rispetto alla popolazione e far capire a tutte le persone che questa è la battaglia di tutti”.
Le categorie sotto attacco infatti sono molteplici. Si vogliono colpire i migranti, fragilizzare i lavoratori, i poveri e anche i giovani. Ed è necessario costruire una rete che abbia peso nel gioco di forze per contrastare quella porzione del paese, in realtà minoritaria, che condanna i più ad affrontare una spirale di ingiustizia e povertà diffusa. Di arretramento sul piano dei diritti civili e sociali, dei diritti umani.
Frontiera ‘capitale’
Proprio a Roma, ombelico del mondo, dove si intersecano le esperienze e le vite di persone di una plurità di origini e culture, le forze attive di cittadinanza organizzano movimenti di resistenza trasversali come la storica associazione ‘SenzaConfine’, che ha tra i suoi fondatori Dino Frisullo e l’europarlamentare Giulio Melandri e muove importanti passi nel 1990 in seguito all’approvazione della legge Martelli – varata con lo scopo di regolare organicamente l’immigrazione e in seguito alla quale gli attivisti si adoperarono nell’aiuto trasversale ai cittadini stranieri e ai richiedenti asilo, quello dello ‘Spin Time Labs’, moderno modello di collaborazione sociale, luogo di incontro e lavoro, di sostegno e supporto. E ancora le note ‘Nonna Roma’, ‘Mediterranea’, ‘Refugees Welcome’, ‘BLM Roma’, insieme alle tantissime altre, sono già radicati modelli di accoglienza che nascono in seno alla società civile. Ebbene, è proprio in questa Roma solidale che si trova anche il CPR di Ponte Galeria.
Enrica di ‘Clinica legale’ e ‘Non una di meno’ ricorda all’assemblea come Roma sia una sorta di frontiera, “una frontiera brutale” che ha un CPR che è tra i pochi a non poter essere visitabile. Dove le condizioni di chi vi è detenuto in questi ultimi anni sono di molto peggiorate e dove è particolarmente grave il fatto che non vi sia nessun contatto con l’esterno da molto tempo.
Già il senatore De Falco, che fu tra i pochi a ribellarsi ai Decreti Salvini, denunciò il fatto la scorsa estate recandosi in visita con due accompagnatori, tra cui un mediatore linguistico e Yasmine Accardo dell’associazione LasciateCIEntrare, da tempo impegnata nella diffusione e nella difesa dei diritti umani, esercitando pienamente in tal senso la sua funzione ispettiva di parlamentare e come previsto dall’art. 67 dell’ordinamento penitenziario. La visita, così come documentato anche da Il Fatto Quotidiano, fu negata e su Ponte Galeria è rimasto il silenzio. Nonostante da più parti, attraverso inchieste giornalistiche, interpellanze parlamentari, siano giunte denunce sulle condizioni dei detenuti amministrativi, che sono quindi ‘senza reato’, non è possibile fare luce sulla cattiva condotta della società privata ORS Italia alla quale è stata affidata la gestione. Ramo italiano di una società multinazionale, la ORS Group AG [4], con sede a Zurigo, gestisce centri in Germania, Austria, Spagna e naturalmente nella stessa Svizzera.
Come riportato in un articolo di Matteo Cavallito che ritrae il vero volto della multinazionale [5], il gruppo contava tra i suoi consiglieri nomi di spicco degli esecutivi della Confederazione Elvetica, tra cui un ex ministro della giustizia svizzero. Un caso di revolving door quindi, della cd. porta girevole, schema che assicura vie privilegiate di ‘contatto’ tra governi e gruppi privati che non può essere dimenticato e non può che destare l’allarme su pesanti conflitti d’interesse in questo intreccio di politica e finanza nel quale oggi si inserisce nuovamente l’azione di governo, che con il Decreto Cutro stringe ancor più sulla questione dei centri per il rimpatrio, per implementarne la capienza e perseguendo la linea Minniti ‘un centro di identificazione ed espulsione per ciascuna Regione’ del 2017.
L’assemblea si propone dunque di affrontare temi importanti e fondamentali per cambiare rotta, fare maggiore pressione dal basso e favorire un’alternativa reale già largamente praticata in Italia. Di istituire un osservatorio come proposto da Fabio, portavoce di ‘Mediterranea’ che ritiene fondamentale saper raccontare tutte queste esperienze in maniera diffusa alla società italiana. Perché sono realtà che ora dovranno affrontare la violenza di un decreto che destabilizza e “tenta di cancellare la dignità della persona umana”. Quella dei cittadini stranieri che tentano di raggiungere gli Stati dell’Unione europea così come quella dei cittadini accecati dalla paura e dal solo privilegio di stare dall’altra parte. Minando infatti le tutele dei richiedenti protezione, ancora una volta si percorre la via dei decreti grimaldello che agiscono per mero tornaconto politico gettando migliaia di persone nella zona d’ombra dell’irregolarità, dello sfruttamento e della detenzione, in un congeniato sistema che passa grossolanamente dall’idea del ‘blocco navale’, quello del blocco delle partenze a tutti costi, della criminalizzione del soccorso in mare e della detenzione nei paesi limbo come la Libia, allo smantellamento del sistema SAI di accoglienza e integrazione, all’uso sistematico dei centri per l’espulsione. Azioni manifeste di politiche che nascondono opacità e intrecci internazionali che ora più che mai è necessario indagare e smascherare.
[1]https://www.repubblica.it/politica/2020/06/20/news/mattarella_migranti-259707960/
[2]https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2023-03-10;20!vig=2023-03-12
[3]https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=19&id=1375360&part=doc_dc-allegatoa_aa