Sebastiano Montali: il golpe contro Craxi aprì la strada alle privatizzazioni

Sebastiano Montali: il golpe contro Craxi aprì la strada alle privatizzazioni

Voci dalla prima repubblica

L’ex Sindaco di Ciampino ed ex Presidente della Regione Lazio ha pubblicato un libro in cui svela alcuni retroscena della politica locale e nazionale durante la fine della “prima repubblica”

Sebastiano Montali è un politico socialista che ha svolto l’incarico di Sottosegretario di Stato al Ministero delle Partecipazioni Statali nella X° legislatura sotto i governi Goria, De Mita e Andreotti. Montali ha pubblicato nel dicembre dello scorso anno il libro autobiografico “La rapina delle privatizzazioni” (Protos 2023) che è stato presentato l’11 marzo presso il Comune di Fiumicino a un evento condotto dal giornalista Franco Bechis. Nell’intervista che segue ha voluto chiarire il proprio punto di vista sulla privatizzazione delle aziende di Stato negli anni ‘90.

M.G.: Gentile Sebastiano Montali, anzitutto La ringrazio per avermi concesso questa intervista a ridosso del’evento dell’11 marzo.
S. M.: Un evento a cui tengo molto perché mi preme comunicare alle nuove generazioni che la distruzione del partito socialista è un fatto che è associato alla distruzione di tutto il centro sinistra. C’è stato un golpe, un tentativo di colpo di stato che non è riuscito solo perché alla fine è stato eletto Berlusconi. Il golpe non è riuscito anche perché, pur essendo ad Hammamet, Craxi ha fatto votare per Berlusconi dando questa indicazione.

M.G.: Fu un tentativo di colpo di Stato violento?
S.M.: Ci sono state tante cose messe insieme, dalla strage di Ustica alle stragi di mafia [in particolare gli attentati a Firenze, Roma e Milano del ’93, n.d.r.], oltre al continuo tentativo di vendere le aziende pubbliche. La mia “guerra” consisteva nel cercare di impedire la svendita delle industrie pubbliche. I giornali come L’Espresso, all’epoca,
lamentavano il mio interventismo sperando che fossi sostituito e che non fossi più nominato né messo in lista. Alla fine alcune forze spinsero per farci cadere, i giornali dicevano che anche per me “la pacchia era finita”: quello che è successo negli anni tra il ’91 e il ’93 è ignoto ai più.

M.G.: Ci può raccontare il suo mandato da sottosegretario presso il Ministero delle Partecipazioni Statali?
S.M.: Dunque, io ero presidente di una Commissione che cercava di prendere tempo in riferimento alle innumerevoli iniziative di vendita delle partecipazioni statali nelle aziende. In quella sede evidenziavo che le aziende strategiche non potevano essere toccate. In questo contesto, nel 1993, senza che si aprisse alcun dibattito, un Comitato di trentasette persone inserì un quesito referendario per la soppressione del Ministero delle Partecipazioni Statali.

M.G.: Qual era il ruolo delle partecipazioni statali e dell’industria di Stato nell’economia?
S.M.: Le partecipazioni statali e l’industria di Stato rappresentavano una potenza, e per quello che ne è rimasto lo sono ancora. Il fatturato dell’IRI nel 1993 era di 67 miliardi di dollari. Il mio libro si chiama “La rapina delle privatizzazioni” perché sono state svendute. L’IRI preferì cedere Alfa Romeo alla FIAT per 1000 miliardi a rate anziché alla Ford per 2000 miliardi subito.

M.G.: Perché allora nessuna forza politica oggi la ripropone?
S.M.: E’ un errore perché con l’industria di Stato si risolverebbero tanti problemi dei nostri giorni. Pensiamo solo alle bollette, ad esempio l’energia elettrica o il gas, se non ci fosse stata la privatizzazione lo Stato avrebbe potuto intervenire sui prezzi senza lasciare la decisione alla contrattazione privata come succede adesso. Oggi il guadagno e dunque il valore dell’ENI dipende esclusivamente dalle sue azioni, una volta non era così e lo Stato aveva un peso preponderante tanto che gli amministratori pubblici potevano determinare le decisioni dell’ENI dalle tariffe agli investimenti, fino ad incidere sulla politica economica riducendo la disoccupazione. Durante il periodo della ricostruzione dell’industria italiana, di cui si conosce poco, vi fu una fase in cui i privati vennero invitati ad associarsi all’impresa pubblica ma nessuno si volle associare. Quando poi negli anni ’80 l’IRI era l’industria più importante i privati hanno pensato a come prendersela.

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Redazione Proposte UILS