(Quando) Un’ambulanza salva la vita!

(Quando) Un’ambulanza salva la vita!

Sono l’emergenza che corre su strada, si annunciano con il suono delle loro sirene spiegate e forniscono un primo soccorso molto spesso essenziale

Le ambulanze sono vitali per quanto riguarda una cura efficace e tempestiva. Trasportano feriti, raggiungendo chiunque si trovi in pericolo o in difficoltà. Quanto siamo informati su questi mezzi di trasporto emergenziale? In questo articolo presentiamo alcuni dati che faranno riflettere

Tutti noi riconosciamo il suono della sirena di un’ambulanza; è uno di quei richiami che abbiamo, inconsciamente, interiorizzato perché è una costante nella nostra esistenza. Nonostante la loro importanza, sono davvero poche le unità emergenziali mobili con a bordo personale medico; eppure, le ambulanze sono il primo soccorso e possono fare la differenza tra la vita e la morte!

Un particolare di una sirena rossa tipica delle ambulanze. È buio.
ThomasBreherfromPixabay

Per introdurre il mondo delle ambulanze in Italia possiamo aiutarci con un esempio che ha avuto come protagonista un ragazzo romano; ci ha richiesto l’anonimato essendo impegnato, al momento, in una causa civile proprio a seguito dell’incidente.

Siamo a Roma, è notte fonda – 1:30 circa del 1˚ giugno 2021 – e Paolo ha appena avuto un incidente. La dinamica è alquanto banale: il ragazzo è scivolato in una curva tra via Mattia Battistini e via di Boccea.

La curva in questione è larga, ben segnalata e con buona visibilità ma, a terra – sul manto stradale – c’è qualcosa che non dovrebbe esserci e il ragazzo ci finisce sopra. La carreggiata è ricoperta da breccioline e Paolo perde aderenza e scivola. Quel desiderio di andare a casa, quella sera dopo una lunga giornata di lavoro, sarebbe stato l’inizio di un calvario dal punto di vista medico.

Quella sera Paolo aspetterà l’ambulanza 33 minuti, dei quali circa una decina sdraiato sul fianco sinistro, con lo scooter su una delle sue gambe. Il risultato sarà una tibia fratturata in più punti, molto vicino alla caviglia; un punto delicato e difficile da ingessare, per giunta scomposta che – con molta probabilità – lo stesso Paolo ha involontariamente peggiorato, divincolandosi istintivamente prima di realizzare che qualcosa non andava mentre era in attesa di un mezzo di soccorso che tardava ad arrivare.

Sarà portato in una clinica non molto distante (circa 7-8 minuti con le strade libere e l’ambulanza lanciata a gran velocità). Paolo, nonostante tutto, può definirsi fortunato perché, a parte un intervento chirurgico di 3 ore, una degenza di circa 10 giorni in ospedale e una lunghissima riabilitazione, ha potuto riprendere la sua vita così come l’aveva lasciata.

“Come mai l’ambulanza ci ha messo ben 33 minuti ad arrivare?”

Per comprendere meglio la situazione delle ambulanze in Italia prendiamo in esame lo studio FIASO (del 2019); questo una percentuale bassissima di mezzi di soccorso (il dato era da intendersi a livello di intero territorio nazionale) con personale medico a bordo. In particolare, lo studio sosteneva che solo il 15% delle ambulanze avevano personale medico a bordo e, nel restante dei casi, erano presenti solo infermieri o civili volontari. Questo è già di per sé un dato preoccupante perché è facile intuire che, nel caso di Paolo, sarebbe servita un’ambulanza con almeno un medico a bordo per valutare che non ci si trovasse in una situazione di pericolo di vita. Diagnosi che non avrebbero dovuto formulare un paio di infermieri (seppur competenti e ben formati) oppure dei semplici volontari. Quindi appare il primo cortocircuito in un sistema che sembra avere le ruote un bel po’ sgonfie, ma non finisce qui.

Fiaso è l’associazione che rappresenta una gran parte delle aziende sanitarie italiane e, quindi, conosce molto bene la situazione in cui verte questo servizio nel nostro Paese. Continua descrivendo le tre tipologie di ambulanze in Italia: tipo A, tipo B e tipo C. A loro volta divisibili in ambulanze medicalizzate e non medicalizzate dove, a fare la differenza, è proprio la presenza o meno, a bordo, di personale specializzato – come un medico oppure un infermiere –  risulta presente nell’ambulanza medicalizzata mentre è assente in quella non medicalizzata (utilizzata per spostamenti di degenti stabili). A coordinare l’invio dell’una o dell’altra è la centrale operativa che, ricevendo la telefonata di soccorso, allerta la stazione dell’ambulanza più vicina a colui – ipoteticamente ferito – che necessita di aiuto, con lo scopo di abbattere il più possibile i tempi. Le ambulanze di tipo A – dette anche Ambulanze di Soccorso – sono preposte all’intervento in caso di incidente o di malattia; chi ha soccorso Paolo quella sera ha fatto sì che proprio questa ambulanza fosse inviata in suo soccorso.

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Questa ambulanza è, però, divisibile in ulteriori tre tipologie: MSB (Mezzo di Soccorso Base), MSI (Mezzo di Soccorso Avanzato di Base) e MSA (Mezzo di Soccorso Avanzato). Queste sigle indicano la presenza – o meno – di personale specializzato a bordo. Come è possibile tutto ciò? Come può un tipo di ambulanza preposta agli incidenti e alle malattie avere anche la clausola di poter inviare personale non specializzato? Le ambulanze di tipo B sono quelle che servono per il trasporto e, infine quelle di tipo C sono le più attrezzate permettendo di trasportare i pazienti più gravi. In realtà è drammaticamente probabile essere soccorsi da ambulanze che hanno personale volontario e soccorritori non sanitari a bordo.

Statistiche alla mano, sembrerebbe che solo il 5% delle persone soccorse appartenga al codice rosso – quello più grave – e che, quindi, la percentuale del 15% di personale medico a bordo delle ambulanze sia più che sufficiente per adempiere alle richieste. Questo, purtroppo, sembra rimarcare il problema nel quale si sta inserendo il SSN ad ogni livello (quindi i trasporti di emergenza non farebbero eccezione!) e che vede i numeri e la spesa avere la precedenza. Viene, perciò, da domandarsi se la lunga attesa di Paolo non sia stata determinata anche dalla necessità di attendere un’ambulanza di soccorso provvista di medico a bordo e, magari, non ce ne fossero disponibili in quel momento.

Queste lunghe attese sembrano destinate, purtroppo, a confermarsi piuttosto che ridursi considerando i sempre maggiori tagli al settore che ci saranno con la sanità differenziata: in attesa di passare alla Camera dopo l’ok ricevuto al Senato. Quanto ancora continueranno a tagliare e svuotare il nostro SSN? Speriamo poco ma, nel frattempo, abbiamo il dovere di vigilare.

Per approfondimenti proponiamo il link ad un altro articolo sulla sanità pubblica dal titolo Un Sistema Sanitario poco Nazionale.

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Ludovica Cassano