Indifferenza e razzismo. Così lontani?

Indifferenza e razzismo. Così lontani?

Proposte N. 10 – Ottobre 2022

A cura di Elena Coniglio

Tra soggettività e Stato: il fenomeno nascosto del razzismo istituzionale.

Dare un nome ai fenomeni permette di iniziare a comprenderli valutandoli da una prospettiva che si avvicini al reale, di parlare di intolleranza e razzismo alla luce degli accadimenti più tragici come quello di Civitanova Marche, cercando di guardare sempre più in profondità alle condizioni che alimentano odio, chiusura e incomprensione nella società. In un’intervista Patrick Guobadia, sindacalista e vicesegretario nazionale dell’Associazione dei nigeriani in Italia, ci aiuta a delineare i termini di questo grave problema.

Alika Ogorchuwku è stato assassinato il 29 luglio, in una delle vie principali della cittadina di Civitanova Marche. Il terribile omicidio noto per la sua brutalità, non lo è meno per l’indifferenza di fronte alla quale ha avuto luogo e per il dibattito che ha generato. Ad oltre un mese dal fatto, guardare con maggiore distanza non allontana il sentimento di orrore, ma fa apparire sempre più chiaramente l’accaduto come la punta di un iceberg che galleggia in un mare di indifferenza e narrazioni sapientemente orchestrate.

Il gesto atroce di un singolo appare come manifestazione di una situazione diffusa e radicata nel tessuto sociale, di un fenomeno poco indagato e del quale difficilmente si discute senza nascondimenti e banalizzazioni. Interrogarsi sul razzismo in Italia è quindi un tentativo di individuarlo in quanto fenomeno partendo sia dai gesti eclatanti, e irrimediabili, che dalla quotidianità, ponendolo all’interno di un quadro più vasto, quello cioè della sua rappresentazione come componente della narrazione politica.

“Non si può non tenere presente la soggettività di ciascuno, ma l’Italia è un paese di razzismo istituzionale, dove non si vuole accettare la diversità. E non se ne può parlare come accade invece negli Stati Uniti. L’Italia è ancora provinciale.” Così risponde Patrick Guobadia, noto sindacalista e vicesegretario nazionale dell’Associazione dei nigeriani in Italia, e presidente dell’Associazione nigeriani Abruzzo e Molise, quando gli domandiamo se a suo avviso l’omicidio di Alika non sia a sfondo razziale e se proprio il razzismo non sia stato fecondato consapevolmente dall’indifferenza da parte delle istituzioni in questi ultimi anni. “La comunità nigeriana ha condannato il comportamento, la mancanza di soccorso, e ha sollevato la questione sull’accettazione degli stranieri”.

La freddezza con la quale è stato ripreso quanto stava accadendo, senza che nessuno abbia tentato di fermare l’aggressore, la grave omissione di fronte ad un uomo che viene ucciso lungo una strada del centro in pieno giorno, spinge a riflettere sull’indifferenza e sulla disumanizzazione alla quale possono condurre sia un uso che una fruizione inconsapevole dei mezzi di comunicazione. Ma anche sulla qualità e sul carattere dell’informazione.

Cosa sarebbe accaduto se fossero stati entrambi bianchi? La rappresentazione che viene mostrata attraverso il racconto mediatico delle persone straniere ha contribuito a connotare questo assassinio? Quanto accaduto ha creato tensione e sgomento e ha condotto ad una manifestazione molto partecipata da parte delle comunità di immigrati, dalle associazioni giunte da ogni parte del paese. Ciò non toglie che “l’indifferenza alimenta la paura perché è stato gravissimo non intervenire, indipendentemente dalla valutazione sullo sfondo razziale del movente”.

Ci si domanda dunque in primo luogo che direzione si sia presa come comunità umana e quale valore si dia oggi alla vita. Ma un discorso di ampio respiro non ci può distogliere dal fatto che a partire dagli anni Ottanta, il fenomeno migratorio sia divenuto un tema oggetto di dibattito ostaggio della politica, che sembra però non volersene mai occupare davvero, preferendo spesso servirsene per creare l’immagine di un nemico dal quale difendersi, lo straniero, per poter continuare a mantenere la dimensione dei privilegi di un presunto prototipo di ‘cittadino italiano’.

“L’Italia è divenuta ostile in maniera strisciante… attraverso una politica di odio e l’assenza di una politica di integrazione. Perché non si valuta l’importanza dell’immigrazione in Italia se gli immigrati contribuiscono all’economia per esempio?” Secondo Patrick Goubadia la rappresentazione negativa degli immigrati può essere altrettanto conveniente per alimentare le idee di rifiuto e non permettere agli italiani di comprendere la portata socioeconomica di questo tema fondamentale e in generale del fenomeno delle migrazioni umane.

E a nostro avviso, anche per ampliare la zona grigia dello sfruttamento umano nel paese, perché come è facile intuire, ‘creare’ illegalità contribuisce a nasconderne le dinamiche. L’assenza di riflessioni più profonde sulle questioni fondamentali legate all’immigrazione e alla condizione dei cittadini stranieri in Italia, così come la scarsità di politiche attive di integrazione, fanno dunque pensare che questo vuoto contenga delle intenzioni, che esso debba appunto essere colmato dal razzismo, che diviene strumento con il quale mantenere inalterato lo status quo, utile per inasprire le disuguaglianze e dividere la comunità civile di fronte ad un mondo che invece muta rapidamente e che ci dovrebbe vedere uniti di fronte alla complessità e alle sfide del futuro.

Tentare dunque di comprendere nella nostra contemporaneità cosa sia il razzismo, di fronte allo specchio dell’indifferenza, può essere un mezzo di liberazione sociale e umana oltrechè un imperativo morale. E per iniziare potrebbe essere utile partire dalla domanda che Patrick Guobadia ci ha posto aprendo l’intervista. “Il razzismo può essere un fatto soggettivo?” 

A ciascuno la propria risposta.

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Elena Coniglio