Un vento potrebbe spazzare via la legalità dal Sudamerica

Un vento potrebbe spazzare via la legalità dal Sudamerica

Il 2024 si presenta come un anno fondamentale per delineare l’equilibrio geopolitico nel continente americano e, in particolare, nel centro e nel sud America

Il popolo sovrano è chiamato a votare in molti Paesi del centro e del sud America; elezioni che si presentano con una serie di incognite ed un clima generale molto teso. Milioni di cittadini e cittadine chiamati a scegliere ma, va detto, che in molti di questi Paesi la priorità è sopravvivere e – quindi- la democrazia non sembra essere il fattore decisivo per operare la scelta.

Gabriel García Márquez non molto tempo fa descrisse l’inizio e la fine della grande famiglia Buendía e del villaggio di Macondo; un mondo a metà tra realtà e finzione dove pulsava e traspirava la vera anima del Sudamerica. Ora, nel 2024, c’è un Sudamerica che spera in quel riscatto negato troppe volte sia nella vita vera che tra le righe dei romanzi. Infatti, quest’anno saranno inevitabili tanti cambiamenti tra i confini geografici del centro e del Sudamerica.

Milioni di cittadini e cittadine si apprestano a dare il proprio contributo democratico in uno spazio geografico che si estende dal Messico al Mar dei Caraibi fino ad arrivare all’entroterra del Brasile (in quest’ultimo caso con le elezioni comunali) e tutti questi risultati si intersecheranno alle elezioni del presidente USA di novembre.

Immaginando di attraversare questo immenso spazio continentale e seguendo le tornate elettorali, ci troveremmo ad iniziare dalla repubblica di El Salvador dove è stato eletto e confermato il presidente Nayib Bukele. Elezioni datate 4 febbraio 2024, molto discusse e divisive perché lo stesso Bukele si presenta come una personalità fortemente controversa; questi si era autodefinito, in un’intervista su un canale nazionale subito dopo il voto, come “il dittatore più cool del mondo” oltre che ad essere il primo presidente a legalizzare a livello nazionale le criptovalute. Si tratta di un uomo eccentrico che, in questo secondo mandato, non potrà che “implementare” il proprio personale potere.

Va ricordata (era il 2020) la sua azione militare compiuta contro il parlamento reo, a suo avviso, di aver mostrato una certa perplessità nei confronti di un prestito di 109 milioni di dollari (successivamente approvato); in conseguenza dell’utilizzo indiscriminato dell’esercito seguirono proteste di varie organizzazioni, tra le quali Amnesty International. La grande abilità di Bukele è stata quella, però, di combattere la criminalità organizzata mostrandosi – quasi – come un protettore del popolo oppresso. Ciò che lo ha reso famoso è stato attaccare senza mezze misure i cartelli della droga che imperversavano nel Paese al punto da redimerlo agli occhi dei suoi cittadini fino a far dimenticare gli atteggiamenti egemonici che lo avevano caratterizzato oltre a riportarlo alla vittoria con oltre 86% di voti alle scorse elezioni.

Immagine stilizzata di una mano che inserisce tessera elettori in una urna
foto di Element5Digital

Il nostro viaggio è appena iniziato e, nel mese di maggio, vedrà le elezioni in altri due Paesi del centroamerica (Panama e Repubblica Dominicana): nel primo Paese si è ricandidato l’ex presidente Ricardo Martinelli – attualmente indagato per riciclaggio di denaro e con una richiesta di 12 anni di carcere da parte della procura nazionale – mentre l’attuale presidente dominicano Luis Abinader ha proposto la sua personale volontà a ricandidarsi (è in carica dal 2020). Tutte queste tornate elettorali sono certamente da monitorare ma spiccano le elezioni di giugno che vedranno coinvolto l’elettorato messicano. Nel grande Paese del centroamerica si sfideranno due donne (Claudia Sheinbaum e Xochtil Galvez) e, nonostante le posizioni politiche opposte, sembrano avere in comune il desiderio di non toccare le misure contro la povertà e di rimuovere gli aspetti penali legati all’aborto (su questo punto la Galvez – conservatrice – si oppone al proprio partito).

Lasciando, per un attimo, le elezioni presidenziali volgiamo l’attenzione verso le elezioni comunali in Brasile che sono previste nel mese di ottobre: si voteranno i rappresentanti in circa 5000 comuni. Si tratta di elezioni importanti per sondare la tenuta del presidente Lula che sta vivendo un periodo non semplice nel tentativo di non perdere troppo territorio rispetto ai suoi oppositori e nostalgici dell’ex presidente Bolsonaro.

In questo quadro incerto si deve inserire la nuova presidenza, in Argentina, di Javier Milei (per approfondimento articolo su Argentina ed Olanda virano a destra con conseguenze potenzialmente drammatiche) che sembra confermare l’atteggiamento più da showman che da leader politico e che ha mostrato più volte di volere istradare il proprio Paese verso l’intolleranza, con poca attenzione alle necessità reali degli argentini.

Immagine a colori della cartina del sudamerica
immagine da Pixabay

Non va dimenticato che ancora oggi molti cittadini nel centro e nel Sudamerica combattono contro violenze, sfruttamento e povertà estrema e che il divario economico e sociale è ancora estremamente ampio in molti di questi Paesi, a mostrare un fallimento interno a livello politico. Va anche detto che le economie di questi Paesi molto spesso sono state condizionate da azioni statunitensi che, con il solo obiettivo di ridurre il potere politico a sinistra, hanno appoggiato politiche locali egemoniche e dittatoriali rendendo queste popolazioni sempre più abituate allo sfruttamento ed all’inuguaglianza.

L’auspicio è quello di poter essere testimoni di un vero e proprio cambiamento in Sudamerica che possa riportare diritti perduti in un territorio che ha solo la colpa di essere stato a lungo sfruttato.

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Ludovica Cassano