Assisted Voluntary Return and Reintegration: le opportunità ed i rischi del ritorno in patria.

Assisted Voluntary Return and Reintegration: le opportunità ed i rischi del ritorno in patria.

Ai beneficiari di protezione internazionale in Europa viene offerta l’opportunità di un reintegro nel proprio paese di origine, il quale se non pensato in maniera lungimirante rischia di rivelarsi controproducente per i diritti delle persone.

 

Le campagne elettorali dei principali partiti in Italia si giocano su temi che sono gli stessi da almeno dieci anni, vale a dire: la crisi economica, l’immigrazione e, dall’ultimo anno, la gestione della pandemia. L’interesse, quasi ossessivo, per la regolarizzazione dei flussi è iniziato con l’approvazione in Senato l’11 luglio del 2002, della legge Bossi-Fini. Nell’arco di quasi venti anni, le politiche di destra e di sinistra hanno mantenuto un approccio sicuritario al tema immigrazione, tant’è che l’abolito decreto-legge del 4/10/2018, meglio conosciuto come decreto-sicurezza di Salvini si traduceva in provvedimenti volti a regolarizzare la migrazione e, lo status giuridico dei migranti.

 

Per gli stessi motivi, il tema dei rimpatri potrebbe costituire un serbatoio di voti su cui edificare gran parte della propria campagna elettorale. Lo stesso Salvini aveva annunciato che, durante la sua permanenza al Viminale, avrebbe garantito il rimpatrio di 600.000 immigrati irregolari e definì la politica dei rimpatri come indifferibile e prioritaria. Tale previsione è stata poi smentita dai dati del suo stesso Ministero, secondo cui nel 2019 sono stati rimpatriati dall’Italia 6.298 persone senza documenti. Fornire numeri certi non è attendibile, e fare promesse su rimpatri e frontiere è impossibile. Le stime sulle presenze irregolari sono incerte e cambiano periodicamente, perché la migrazione non riguarda pacchi da scansionare e rendicontare, ma individui, la cui vita può rimanere all’ombra delle istituzioni.

 

Il terreno scivoloso dei rimpatri dall’Italia va analizzato alla luce delle politiche di cooperazione messe in campo dall’OIM in accordo con il Ministero dell’Interno. Dal 1991 infatti, l’Italia è coinvolta in un programma di Rimpatrio Volontario Assistito il quale, dal 2009 segue la Direttiva Europea Rimpatri (2008) che invita a privilegiare, nell’ambito della gestione dei flussi migratori, i rimpatri volontari rispetto a quelli forzati. La preferenza verso i primi mette in luce due aspetti: la possibilità che esista una reale difficoltà ad organizzare rimpatri forzati a carico di chi è entrato illegalmente in suolo italiano, e

Fonte: dati Eurostat

che dunque è più conveniente investire in politiche di integrazione piuttosto che repressive e, la modalità con cui si realizza il rimpatrio volontario e il reintegro dei beneficiari nel paese di origine.

 

La regista danese Sine Plambech nel suo progetto di ricerca Points of Departure ha evidenziato una contraddizione propria dei programmi AVRR (Assisted Voluntary Return and Reintegration), i quali non si fondano su un approccio strutturale al problema. Edo State, in Nigeria rappresenta il principale serbatoio di ragazze utilizzate come corpi-merce in Italia, dalla cui capitale, Benin City proviene l’85% delle ragazze nigeriane prostituite. Al fine di analizzare le opportunità che gli AVRR danno alle beneficiarie vittime di tratta, è necessario prendere in considerazione determinati aspetti:

Società. Le donne che usufruiscono dei programmi di reintegro (beneficiarie di protezione internazionale) subiscono lo stigma sociale in quanto “donne indegne e avare” che contribuiscono alla cattiva reputazione del Paese. I programmi infatti sono finanziati dall’OIM e gestiti da ONG locali che, ad Edo State, hanno una matrice prettamente religiosa. L’approccio paternalistico adottato da tali associazioni contribuisce al senso di colpa delle ragazze e veicolano l’idea della reintegrazione sociale come  percorso di redenzione religiosa di donne che vivono nel peccato, e non riabilitazione socio-economica di persone i cui diritti umani sono stati violati.

Isolamento economico. Chi beneficia di programmi di reintegro riceve una somma di denaro per poter aprire un’attività commerciale nella propria città. L’ammontare degli aiuti non garantisce spesso la conduzione di una vita dignitosa, infatti come sottolinea Plambech, il successo di un programma dipende dal costante monitoraggio dei progetti messi in atto. Nel  contesto nigeriano la possibilità di reintegro nel tessuto socio-economico del Paese deve fare i conti con l’alta incidenza della criminalità e microcriminalità, la quale è misurata attraverso il Crime Index, che nel giugno 2021 si è assestato a 64,18 su una scala che va da 1 a 100.

La storia di Grace è esemplificativa. La giovane donna di Benin City, dopo un periodo di sei anni in Italia, ha deciso di ritornare nella propria città di origine, beneficiando del programma di rimpatrio e integrazione. Grazie ad un pocket money di €200 ha potuto aprire un’attività commerciale nella periferia di Benin City, la cui fine è stata decretata solo due mesi dopo la sua inaugurazione, quando ha irrotto una banda di malviventi che l’ha derubata di ogni avere.

Violenza di genere.  I dati di UN Women ed UNICEF mostrano un quadro estremamente preoccupante, che si complica per chi è donna e, soprattutto, per le fasce di età più giovani. La Nigeria infatti è al 118 posto per parità di genere e il 17,4% delle donne subisce violenza dal partner per tutto l’arco della propria vita. 1 ragazza su 4 subisce violenza sessuale prima dei 18 anni e il 31,4% delle ragazze ha esperito come primo approccio sessuale una violenza.

 

Combinare questi elementi offre l’opportunità di cogliere una contraddizione interna evidente degli AVRR i quali, se da un lato hanno lo scopo di difendere le vittime di tratta dagli abusi dei propri sfruttatori, dall’altro rischiano di rigettare le beneficiarie dei programmi negli stessi contesti da cui scappano. Visti da questo punto di vista, i Rimpatri Volontari Assistiti si rivelano come una faccia del processo di esternalizzazione delle frontiere europee, il cui unico obiettivo non è il rispetto dei diritti umani ma la delega del controllo delle frontiere e della vita dei migranti ai paesi di origine e transito dei flussi.

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Tatiana Noviello