Epopea invisibile degli Uomini della Pioggia

Epopea invisibile degli Uomini della Pioggia

L’autismo in età adulta è una tematica poco conosciuta e che lascia molti di noi nell’indifferenza più totale. Nel caso di un bambino autistico l’affetto dei genitori e della famiglia in generale riesce in qualche modo a colmare tale indifferenza, tuttavia dell’adulto autistico pochi si curano, molti meno s’impegnano in iniziative di sostegno. Tuttavia, nelle tenebre dell’indiffernza generale brilla un barlume di luce, come quella dell’associazione AUT AUT e di altre associazioni che si propongono di assistere soggetti autistici adulti.

 

Cos’e’ l’autismo

Il cosiddetto “autismo”, deriva dalla parola greca Autos “se stessi”, ed è scientificamente classificato attraverso la nomenclatura DSA ovvero Disturbi dello Spettro Autistico. Il termine ‘spettro’ allude ad una serie di quadri sintomatologici che si possono presentare all’interno di questa categoria. Il deficit che questa patologia comporta, così come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, può variare da limitazioni molto specifiche dell’apprendimento fino a una compromissione totale delle abilità sociali e intellettive.

Diagnosi già in eta’ precoce

Dai numerosi studi è emerso che questo disturbo può essere diagnosticato in età precoce già dai 18-24 mesi e che i soggetti più colpiti sono quelli di sesso maschile. Originariamente con il termine autismo si indicava principlmente unapatologia tipica dell’età infantile. Tuttavia diversi ricercatori oggi sono concordi sul fatto che il 90% dei bambini affetti da DSA soffriranno di tale patologia per il resto della loro vita.

Associazioni volontarie a sostegno delle persone affette da autismo

Le associazioni a sostegno dei soggetti autistici, fondate nella maggior parte dei casi dall’unione dei genitori degli stessi, agiscono in vari modi al fine di poter in qualche modo dare una vita normale a coloro che per motivi patologici vivono “fuori dal mondo”.

La Fondazione AUT AUT nasce nel 2017 a La Spezia con l’obiettivo di inserire nel mondo del lavoro, specialmente nel settore del turismo,  giovani adulti affetti da autismo. Tale fondazione propone un modello di inclusività sociale, che, partendo dal lavoro, sia capace di offrire risposte concrete ai bisogni relazionali e ai disturbi pervasivi dello sviluppo dei singoli pazienti .

Il professor Paolo Cornaglia Ferraris presidente della Fondazione AUT AUT ci spiega cos’è l’autismo e quali sono le peculiarità di questo progetto.

 

Qual è la missione di AUT AUT?

“La nostra missione è portare all’autonomia quante più persone con DSA. Il problema di queste persone è che una volta terminato il percorso scolastico, solo il 3% acquisisce un’autonomia lavorativa, mentre il 97% sono senza un’occupazione a carico di genitori sempre più anziani, che hanno difficoltà a trovare sostegno all’interno dei servizi sociosanitari.

Infatti,  pur esistendo un servizio di volontariato molto attivo, vi è una carenza a livello di coordinamento.La fondazione mette insieme il volontariato sociale presente sul territorio e lo focalizza sul raggiungimento di tre obiettivi:

  1. Autonomia lavorativa: educazione al lavoro e aiuto a trovarne un
  2. Autonomia abitativa: trovare le condizioni che gli permettano di abitare da soli o in 2/3 persone o anche con un educatore.
  3. Tempo libero: cioè quello che noi riconosciamo rilevante dal punto di vista sociale; quindi poter fare delle attività ludico-ricreative o sportive aggregative o comunque sociali e inclusive cosa che è difficile per un giovane adulto con questo disturbo perché può apparire bizzarro o generare imbarazzo e fastidio.

La struttura mette a disposizione un Hotel/ristorante chiamato Luna Blu, dove i ragazzi lavorano come camerieri e cuochi e una struttura orientata all’agri-sociale dove il ragazzo/adulto si muove all’interno di un percorse aggregativo.”

 

La società come vive e come si interfaccia con questo disturbo?

“Sussiste un’ignoranza di fondo che ha una base scientifica. Noi definiamo autistico una persona con una diversità del comportamento e dell’intelligenza.

Nell’elenco dei disturbi delle malattie mentali, l’autismo è suddiviso in tre categorie: grave, medio e lieve. Ancora non è chiaro come l’interazione di alcuni geni che sono presenti in famiglie, e che vengono ereditati in maniera penetrante, inducano un’intelligenza e una sensorialità che sono del tutto diverse dal normale.

Queste persone, quindi, sono affette da una sensorialità di difficile contenimento che impatta fortemente sulla loro sfera emotiva. Hanno bisogno di ambienti che non si scontrino con la loro ipersensorialità e per questo non possono essere inseriti in contesti lavorativi che non comprendono fino in fondo le loro peculiarità.

La variabilità di questo disturbo può essere affronta solamente cucendo un percorso su misura a seconda della gravità e favorendo il soggetto autistico nella sua peculiarità.

La diversità con cui il cervello di ciascuno garantisce l’individualità, è un bene prezioso della specie umana.”

 

L’autismo si può curare?

“Esiste un percorso pedagogico precoce già dall’età di 18-24 mesi che permette al bambino di affrontare la propria diversità con maggiore competenza, senza sviluppare ansie che sfoceranno in una personalità più complessa che potrebbe diventare ingestibile.”

 

Esiste una soglia di miglioramento?

“Assolutamente si. La scuola in questo senso è un’enorme palestra di sperimentazione molto fruttuosa, ma dopo la scuola ci si ferma. Ci sono i servizi di salute mentale ma non ci sono percorsi di inserimento lavorativo efficaci.”

 

I genitori come vivono questa problematica?

“I genitori sono molto sostenuti dai servizi sociosanitari, anche se in età adolescenziale questi soggetti sono esclusi dalla socializzazione tipica di quell’età e in molti casi vengono bullizzati e messi da parte. Quindi i genitori sperimentano difficoltà sempre maggiori.

Nell’età adulta con genitori sempre più anziani, queste persone non trovano risposte adeguate. Inserire questi ragazzi in un contesto lavorativo e abitativo stabile resta una frontiera pionieristica che la fondazione AUT AUT ha affrontato con decisione, capacità e con risultati positivi tanto da essere un modello da riproporre ad altre associazioni e alle strutture sanitarie.”

 

E per chi non ha più una famiglia?

“Ci sono delle comunità che li accolgono ma il rischio è che vengano accolti in strutture dove ci sono anche persone affette da diversi handicap e questo percorso non è adeguato.

In più se un autistico viene classificato come malato mentale finisce nei circuiti della salute mentale e di conseguenza trattato con farmaci inadeguati che lo stordiscono e che non hanno nulla a che vedere con il rispetto e con la comprensione della sua diversità e individualità.

Il soggetto autistico necessita di essere seguito per poter sviluppare un’autonomia abitativa e lavorativa per poter vivere una vita dignitosa come tutti noi.”

La società ha il dovere di affrontare il problema

 

Le persone affette da Disturbo dello Spettro Autistico(DSA) non dovrebbero essere lasciate sole, in quanto la loro patologia è già di per sé  isolante. Dovrebbero, invece, avere a disposizione percorsi di integrazione che coprano tutto l’arco di vita e che gli consentano di colmare quel gap relazionale che li costringe ai margini della vita sociale.

Questo è in sintesi quello che propone la Fondazione AUT AUT.  Ma tale sforzo non è sufficiente. Serve una società consapevole del problema e il contributo del singolo nel processo di integrazione. I comportamenti stereotipati, i gesti ripetitivi, l’incapacità di interagire col mondo dei soggetti autistici, si scontra spesso con la nostra incapacità di saper entrare in relazione con loro. Un disagio che diventa nostro quando ci troviamo a non saper come comunicare e accogliere la loro diversità e che a volte ci porta ad etichettarli come “anormali”.

I geni incompresi

Tanti “Rain Man”, incapaci di intessere relazioni, di comunicare le loro emozioni, incapaci di parlare ma quasi sempre intellettualmente superiori alla norma. È l’epopea dei geni incompresi, esclusi e ghettizzati, che non chiedono aiuto perchè separati dal mondo da una barriera invisibile che si erge nella loro mente. Chi soffre di autismo necessita il nostro amore e la nostra comprensione per poter sopravvivere. Gli uomini della pioggia, esistenze umili che inaspettatamente ci sorprendo con la loro genuina umanità.

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Chiara Rebeggiani