Se è si, chiudi gli occhi

Se è si, chiudi gli occhi

La Storia emozionante dell’ex calciatore Stefano Borgonovo

Stefano vuoi continuare a vivere in questo stato? Vuoi che continuiamo la ventilazione o spegnamo tutto? Se è sì chiudi gli occhi… La risposta di Stefano Borgonovo, ex calciatore di serie A, completamente paralizzato dalla SLA, fu un sì convinto alla vita. Un sì che sa di speranza per molte persone che vivono la terribile condizione di malati di SLA. Un sì incondizionato anche di fronte alle enormi difficoltà in cui la ricerca scientifica continua ad annaspare. Un invito a non mollare e a combattere anche quando ormai nessun muscolo del tuo corpo risponde ai tuoi impulsi.

La Sclerosi Laterale Amiotrofica: vicolo cieco o speranza di cura.

La SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva dell’età adulta. Generalmente più comune tra gli uomini con sviluppo nelle persone di età compresa tra i 50 e i 70 anni caratterizzata da rigidità muscolare atrofizzazione e indebolimento. La malattia si manifesta attraverso una  perdita di movimento progressiva, che risparmia le funzioni cognitive, sensoriali e sessuali, ma che conduce lentamente ad una paralisi totale con prognosi infausta in quanto porta alla morte entro 2-5 anni dalla diagnosi.

La scienza e la medicina non sono riuscite a trovare tutte le cause  né tantomeno la cura definitiva, anche se alcune cause si conoscono bene come quella genetiche familiari. La ricerca si è mossa e continua a muoversi in vari campi. Al momento dagli studi è emerso che il 10% di tutti gli affetti da SLA è un fattore genetico anche se non sono da escludere fattori di tipo ambientale, alimentare e inerente al proprio stile di vita. Per un approfondimento scientifico sulla SLA abbiamo interpellato il dottor Daniele Pollini che ha lavorato come ricercatore in questo ambito con il laboratorio dell’università di Trento.

1.In che cosa consisteva la tua ricerca?

La mia ricerca consisteva nel capire come una proteina che si chiama MATRIN3 fosse coinvolta nel processo neurodegenerativo tipico della SLA. L’approccio iniziale era quello di studiare il ruolo di questa proteina all’interno dei neuroni che nella SLA sono coinvolti e che si chiamano motoneuroni. La ricerca non ha portato a grandi risultati così abbiamo deciso di applicarci utilizzando una nuova tecnologia biologica tramite gli organoidi.

Nello specifico un organoide è l’unione di più tipologie di cellule in una conformazione tridimensionale, ma con una struttura ben definita, come gli organi. Con la messa appunto di questo modello 3D si riesce a mimare un mini-cervello, quindi un organo e non solo un’unica tipologia di cellule presenti nel cervello. Inoltre, un aspetto molto importante è che si può partire direttamente dalle cellule di un paziente, quindi lavorare direttamente su una mutazione presente in una persona affetta da SLA. Per far si che questo sia possibile è necessario riprogrammare le cellule del paziente (sangue, linfociti, pelle, fibroblasti) in cellule staminali pluripotenti che possono differenziarsi in cellule neuronali. I tempi sono comunque molto lenti; per avere un organoide che simuli il cervello ci vogliono mesi.

Da questo approccio abbiamo ottenuto tramite l’ospedale di Roma, delle cellule di pazienti affette da SLA che avevano mutazione su MATRIN3, abbiamo riprogrammato le cellule in cellule staminali e successivamente dato la capacità di quest’ultime di differenziarsi, le abbiamo differenziare sia in motoneuroni che in organoidi.

 

   2.Esistono fattori esterni come l’ambiente e lo stile di vita che possono contribuire all’insorgere di questa patologia?

Una delle maggiori problematiche presente in queste cellule è la risposta allo stress ossidativo, che può essere causato sia da processi cellulari  sia causato da agenti esterni facenti parte del luogo in cui si vive e dello stile di vita che facciamo o anche da agenti inquinanti. Bisogna dire che questa tipologia di Neuro Disease si divide in due classi: la classe genetica e quella “sporadica”. Nella prima classe, ossia nel patrimonio familiare, esistono delle mutazioni specifiche su proteine specifiche che portano ad avere questa patologia.

Non è comunque detto che la malattia insorga ma se lo fa colpisce in età adulta.. Ricordiamo che  l’assenza di una risposta adeguata allo stress ossidativo può portare alla morte della cellula con successiva perdita della funzionalità muscolare in quanto il motoneurone connette il cervello ai muscoli e infatti le prime grandi problematiche sono la perdita degli arti con conseguente perdita del controllo muscolare sia volontario che involontario.

Quando gli organi di cui non abbiamo il controllo (cuore, polmoni, ecc.) collassano, tale collasso porta alla morte del paziente.

  1. Come si può studiare questa patologia dal momento che la sua causa è sconosciuta?

Anche se la causa è sconosciuta nel 90% dei casi (sporadici) è possibile studiarne il restante 10% di cui conosciamo la mutazione genetica, perché familiare. Questi studi permettono di comprendere cosa accade e poi successivamente applicarli anche nei casi sporadici di cui purtroppo non conosciamo la motivazione dell’insorgenza e in molti casi anche le mutazioni presenti. Come abbiamo già detto la SLA è divisa in due classi:

-solo il 10% circa dei pazienti è affetto da SLA familiare

-il 90% dei pazienti affetti da SLA appartiene a quel profilo detto “sporadico” ossia una mutazione che insorge spontaneamente.

In questo caso è impossibile studiarne un caso iniziale sebbene lo studio si focalizza sulle proteine coinvolte che sono le stesse della classe genetica e si cerca di capire che ruolo hanno.

Anche se la percentuale della classe genetica è minore ad oggi è possibile riuscire a fare un quadro clinico studiando le mutazioni delle proteine coinvolte come C9ORF72,FUS,TDP43 e recentemente anche  MATRIN3 della prima classe e non della seconda.

 

  1. È possibile sostituire il lavoro del motoneurone farmacologicamente o artificialmente?

Farmacologicamente  e artificialmente non è possibile.  E’, invece, possibile sostituire biologicamente  i motoneuroni tramite trapianti di cellule staminali che sono in grado di differenziarsi in qualsiasi tessuto.

Detto questo, quello che è difficile controllare è l’andamento di queste cellule all’interno del paziente. È stato riscontrato che, sostituendo le cellule neuronali con le staminali in pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, proprio l’impossibilità di monitorare il modus operandi biologico di quest’ultime ha portato alla formazione di cellule neoplastiche.

È impossibile, per ora, che le cellule staminali pluripotenti possano ricomporre tutti i sistemi. Però, ad esempio, è possibile che delle cellule staminali possano ricomporre un determinato tessuto o organo, come avviene per la pelle o per la retina, ma sistemi complessi come quello del sistema nervoso periferico che attraversa tutto il corpo, momentaneamente è impossibile.

È possibile solo che possano rallentarne il decorso in patologie come la SLA, anche se queste sperimentazioni sono illegali su pazienti in gran parte del mondo, quindi è difficile anche avere dati certi sui loro limiti.

 

  1. Esiste un collegamento tra SLA e Sclerosi Multipla?

Esiste come esiste un collegamento tra SLA e Frontotemporal Dementia e come  Parkinson o Alzheimer dal momento che alcune mutazioni portano a un malfunzionamento di una proteina, e alcune di queste proteine come TDP43 sono comuni in alcune  neuro disease.

  1. Cosa si sente di dire in conclusione a tutti coloro, malati e non, che sono coinvolti nella battaglia contro la SLA?

Noi ricercatori vogliamo dare il nostro contributo, vorremmo aiutare queste persone, consapevoli che non possiamo fare miracoli e di conseguenza non possiamo permetterci di dare false speranze.

 

 

La SLA ci mette davanti ad una realtà sconcertante. La perdita del controllo su noi stessi, sul nostro corpo, sui nostri muscoli. È un problema di comunicazione: il messaggio parte dal cervello ma non arriva a destinazione. È una realtà esistenziale terribile. La materia non risponde allo spirito.

La scienza, Oracolo di Delfi della nostra società moderna in questo senso non ci da alcun responso. Cosa rimane allora? Rimane la volontà indomita dell’uomo, la sua voglia di vivere. Lo spirito di chi come Stefano Borgonovo, ha visto nella sofferenza non una maledizione ma un cammino di luce. Lo spirito che trascende la materia atrofizzata e morente ed ascende ad un grado superiore, quello della speranza.

“Se è si chiudi gli occhi Stefano”. E lui ha risposto strizzando gli occhi al cielo.

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Chiara Rebeggiani