Still Alice

Still Alice

Tratta dall’omonimo romanzo di Lisa Genova (Perdersi nella traduzione italiana ndr), Still Alice, firmata Richard Glatzer e Wash Westmoreland, affronta la delicata tematica della sindrome di Alzheimer diagnosticata in età precoce.

Alice è una donna di cinquanta anni affermata professoressa di linguistica alla Columbia University. È una donna in carriera, sposata con figli che vive una vita felice fino a quando, durante un discorso ad un convegno universitario, avverte un’amnesia che si rivelerà essere il primo sintomo della malattia. Preoccupata di avere un tumore al cervello, si sottopone a degli accertamenti attraverso i quali le viene riscontrato una sindrome precoce di Alzheimer. La diagnosi risulterà devastante per la vita della donna mettendo in discussione tutte le sue sicurezze come i rapporti familiari e quelli lavorativi.

Still Alice

L’attenzione dei registi è focalizzata sulle dinamiche interiori della protagonista (Julianne Moore) mentre cerca di comprendere, poi di venire a patti e infine di sottrarsi all’incombenza del male. La sindrome viene descritta dalla stessa come un qualcosa di terribile e mortificante che “a poco a poco ti strappa via da te stessa”. Ci troviamo di fronte ad un punto di vista estremamente soggettivo, in quanto il dramma si svolge soprattutto nella testa della protagonista. Con Alice viviamo lo smarrimento e il terrore che pian piano portano a vivere quest’alternanza di buio e luce tipico delle prime fasi della malattia. Il progressivo scivolamento di Alice nel buio dove si cancellano parole, ricordi e significati avviene senza troppa enfasi melodrammatica grazie alla bravura dell’attrice protagonista.

Still Alice merita di essere vista perché descrive in maniera realistica le condizioni di chi vive affetto da questa sindrome in età relativamente giovane. La discesa lenta nell’oblio di sé, nella dissolvenza del mondo che ci circonda e delle persone che si amano ci invitano a guardare a questa malattia con serietà, ad avere cura di coloro che ne sono affetti e a sperare che la scienza possa trovare al più presto possibili cure.

Chiara Rebeggiani

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Redazione Proposte UILS