Ecuador. Sull’orlo del caos.

Ecuador. Sull’orlo del caos.

Dopo la fuga dal carcere di uno dei più pericolosi narcoboss, l’Ecuador è stato travolto dalla violenza, testimonianza della potenza delle bande criminali nel Paese. Il presidente Noboa dichiara lo stato di emergenza e mette in atto il Piano Fénix.


È il 7 gennaio. Uno dei capi della banda de Los Choneros, José Adolfo Macías Villamar, conosciuto anche come “Fito”, deve essere trasferito a un carcere di massima sicurezza. Nella cella del penitenziario Litoral di Guayaquil, però, di lui non c’è più traccia. Il boss, infatti, sarebbe stato sostituito per giorni da un sosia, senza destare il minimo sospetto nelle guardie. L’Ecuador viene travolto da una crisi di sicurezza e da un’ondata di violenza che cresce di giorno in giorno. Sembra di rivivere ciò che è già accaduto in Colombia con Pablo Escobar e in Italia con Totò Riina: una guerra della mafia allo Stato per raggiungere compromessi favorevoli.

Los Choneros sono uno dei gruppi criminali più importanti dell’Ecuador, nonché un’organizzazione narcoterrorista di portata internazionale. La banda, leader nel traffico internazionale di cocaina, opera in associazione con diversi cartelli messicani e colombiani, oltre che con la ‘ndrangheta, Cosa Nostra e la mafia albanese. Il forte potere economico ha fatto sì che nel tempo il gruppo potesse espandere la sua influenza anche in ambito politico. «Il vero problema di fondo sono le infiltrazioni delle bande nelle istituzioni e negli organi di governo» afferma Ylenia Pergola, ecuadoriana oggi residente in Italia. «Hanno trovato il loro spazio per operare anche ai livelli più alti». Secondo molti esperti, oggi Los Choneros sarebbero in grado di mettere sottosopra lo Stato. E infatti così è stato.

Il giorno successivo alla fuga di Fito, in almeno sette carceri del Paese i detenuti hanno preso in ostaggio più di 200 persone fra guardie penitenziarie e membri del personale amministrativo. Approfittando del caos, poi, diversi prigionieri sono evasi. Fra i nomi dei fuggitivi spicca anche quello di Fabricio Colón Pico, il narcoboss della banda de Los Lobos – fra i principali nemici de Los Choneros – coinvolto nell’assassinio del candidato alle elezioni Fernando Villavicencio la scorsa estate. Contemporaneamente, ad alimentare i disordini, alcuni ospedali sono stati attaccati, diversi negozi saccheggiati e quattro autobombe fatte esplodere.

Di fronte alla perdita di controllo il Presidente Daniel Noboa non ha potuto far altro che dichiarare un “conflitto armato interno”, indicendo uno stato di emergenza per 60 giorni, che include fra le altre cose un coprifuoco dalle 23:00 alle 05:00 e l’immunità penale ai soldati e ai poliziotti che operano per ristabilire l’ordine.

Noboa presidente Ecuador

In risposta ai provvedimenti presi da Noboa, il 9 gennaio alle 14:15 la TC Televisión, la rete televisiva statale, è stata presa d’assalto da un gruppo terroristico di gangster mascherati. Armati di fucili, pistole, mitragliatrici, granate e candelotti di dinamite hanno invaso lo studio durante la diretta del telegiornale, costringendo i giornalisti e lo staff a terra mentre in sottofondo si sentivano rumori simili a spari. La polizia è riuscita a riprendere il controllo della situazione dopo circa un’ora, arrestando 13 persone per terrorismo.

Al momento in Ecuador è in atto il Piano Fénix, che mira al raggiungimento di cinque obiettivi principali: costruire di nuovi penitenziari di massima sicurezza, creare nuove unità di intelligence, dotare le forze armate di attrezzature ad alta tecnologia, rafforzare i confini con la militarizzazione, promuovere riforme significative in termini di sicurezza nelle istituzioni. Il piano, il cui investimento ammonterebbe a circa un miliardo di dollari, è supportato dagli Stati Uniti che, secondo Reuters, avrebbero fornito un terzo dei fondi.

«Avevamo tutto contro di noi, ma stiamo vincendo questa battaglia» ha affermato Noboa. A sole due settimane dall’inizio delle operazioni sono state arrestate più di tremila persone, sequestrati più di 47mila fra armi, esplosivi e caricatori e le morti violente giornaliere diminuite da 38 a 6. Inoltre, il 20 gennaio, in Argentina sono stati arrestati la moglie e alcuni familiari di Fito. Si trovavano in una casa in un quartiere esclusivo al centro del Paese acquistata in contanti lo scorso dicembre. Al momento sono in corso le indagini per capire se anche Fito si trovi in Argentina.

Sebbene l’Ecuador sia relativamente nuovo alla narcoviolencia – il Paese è stato invaso dal fenomeno qualche anno fa a causa della sua posizione strategica per i cartelli messicani e colombiani – nel 2023 è risultato essere la nazione più violenta dell’America Latina. Il problema, però, non finisce qui. «Oltre alla guerra per il narcotraffico, le bande fanno terrorismo fra la società» evidenzia Ylenia. «La gente non può più lavorare in pace, riceve in continuazione chiamate per il pizzo, non sa rientrerà a casa la sera, si sente continuamente sotto controllo. Nel Paese vige un sentimento di paura».

Condividi:

Chiara Conca