La Bielorussia sta vivendo il suo momento peggiore nel silenzio più totale

La Bielorussia sta vivendo il suo momento peggiore nel silenzio più totale

Portata improvvisamente alla ribalta da tv e giornali di tutto il mondo la scorsa estate, la Bielorussia sta attualmente vivendo la fase più dura della repressione di regime, ma questa passa inosservata, silenziata dal fatto che sono proprio i media a subirla. Ad illustrare questa situazione è Ekaterina Ziuziuk, attivista bielorussa che con il suo lavoro non lascia spegnere l’attenzione sul suo paese.

Cosa è successo in Bielorussia dopo agosto 2020

Nei primi mesi seguiti al 9 agosto 2020, giorno delle elezioni presidenziali in Bielorussia, i più importanti media globali hanno mostrato le immagini e hanno descritto l’ondata di feroce repressione messa in atto dalle forze dell’ordine sui manifestanti, rei di chiedere elezioni trasparenti dopo l’ennesima rielezione a presidente di Aleksandr Lukashenko, che ormai dal 1994 tiene le redini del governo bielorusso grazie a continui risultati elettorali di dubbia regolarità.

Il 2020 non è stata la prima volta in cui i cittadini bielorussi sono scesi in piazza per protestare contro brogli elettorali e corruzione del governo, ma è stata certamente la prima volta in cui il mondo ha avuto sotto i propri occhi la rappresentazione di uno Stato non democratico in territorio europeo. Fino alla scorsa estate la conoscenza della situazione politica bielorussa è sempre stata appannaggio di pochi esperti dell’area russa e dello spazio post-sovietico: e allora cosa ha reso improvvisamente appetibile per i media di tutto il mondo quello che stava accadendo nella cosiddetta “Russia Bianca” un’estate fa?

La rilevanza mediatica dell’ultima ondata di proteste

In effetti, esistono diversi fattori che hanno reso le proteste del 2020 più rilevanti delle ondate precedenti. Innanzitutto, gli antefatti, ovvero la coalizione che ha unito su un unico fronte Svetlana Tikhanovskaya,  Maria Kolesnikova e Veronica Tsepkalo, dopo che Lukashenko aveva messo fuori gioco i candidati che con maggiore probabilità avrebbero potuto insidiare la sua rielezione.

Con l’arresto del principale candidato di opposizione, Viktar Babaryka, il 18 giugno 2020, e con una finestra temporale minore di due mesi prima del voto, questa coalizione è riuscita a trovare un ampio consenso, e si aveva già il sentore che il risultato di un’elezione (se gestita in modo trasparente) avrebbe decretato che la lunga era Lukashenko sarebbe volta al termine con la vittoria di Tikhanovskaya. Ma anche questa tornata elettorale non è stata limpida, come hanno dimostrato i video, le foto e le testimonianze divulgate su canali informativi indipendenti, gli stessi a cui attualmente il governo bielorusso sta facendo la guerra.

Proprio l’ampio consenso ricevuto da Tikhanovskaya ha fatto sì che, all’annuncio della riconferma di Lukashenko, le strade e le piazze si fossero riempite come mai prima. «Non solo tantissime persone sono scese in piazza, ma lo hanno fatto anche nelle periferie e in città bielorusse diverse da Minsk. Un’adesione così elevata alla protesta non si era mai vista prima in Bielorussia, le persone non sono mai state tanto unite e determinate a farsi sentire come adesso», conferma Ekaterina Ziuziuk, attivista bielorussa residente a Trento, presidente dell’associazione bielorussi in Italia “Supolka” e da febbraio 2021 anche della divisione Trentino-Alto Adige di Articolo 21, associazione di promozione della libertà di espressione.

L’adattamento delle manifestazioni dopo l’inizio della repressione

«Tuttavia, queste manifestazioni così plateali non sono andate oltre la metà di novembre: successivamente le persone hanno iniziato ad organizzare piccoli flash mob in vari quartieri della durata di soli pochi minuti, perché le forze dell’ordine sono sempre più rapide a giungere sul posto e ad arrestare le persone che indossano vestiti bianchi e rossi (poiché richiamano i colori della bandiera della Bielorussia indipendente dopo la caduta dell’URSS, ndr). Sono in contatto con donne che vivono in Bielorussia» – racconta Ziuziuk – «che in chat esprimono la loro paura di uscire di casa per fare semplicemente la spesa e l’incertezza di rientrarvi perché anche portare un vestito a fantasia bianca e rossa è diventato pericoloso, attira l’attenzione della polizia, le trasforma automaticamente in nemiche del governo».

Queste dinamiche sono già parte di una nuova e più difficile fase della lotta per la democrazia in Bielorussia a causa degli interventi sempre più violenti da parte delle forze dell’ordine, anche tramite i raid nei quartieri dove questo inverno hanno fatto sparire gli oppositori che avevano esposto alla finestra di casa una bandiera bianca e rossa, entrando in abitazioni e condominii. «Le tattiche di violenta repressione impartite da Lukashenko ai suoi uomini, purtroppo, hanno avuto l’effetto che lui sperava: adesso la gente ha paura di manifestare perché potrebbe finire in carcere da un momento all’altro, la polizia ha la libertà di arrestare a suo piacimento e le condizioni in carcere sono disumane. Le persone che ottengono lo status di prigioniero politico, infatti, finiscono in celle sovraffollate, dove non respirano per il troppo caldo e subiscono maltrattamenti, a differenza dei detenuti “ordinari” situati in aree a norma dentro il penitenziario».

L’attacco ai giornalisti e ai media indipendenti

Roman Protasevich, giornalista freelance nel mirino dell'attuale governo in BielorussiaTra i prigionieri politici rientrano anche i giornalisti: se l’arresto del giornalista 26enne Roman Protasevich è stato così plateale, in quanto seguìto a un dirottamento del volo da Atene a Vilnius su cui si trovava lo scorso 23 maggio, tanti altri colleghi condividono questa sorte passando in sordina. Sono i giornalisti dei media indipendenti bielorussi, quelli che lavorano in tv e giornali non di regime o che gestiscono canali di informazione su Telegram, e quindi scomodi al governo autoritario di Lukashenko.

«Soffocare l’informazione è lo step successivo del regime: prima impauriscono la gente con una violenza inaudita, adesso impediscono che questo venga raccontato dai giornalisti mettendo anche loro in carcere solo perché stanno svolgendo il proprio lavoro di informare i cittadini» spiega Ziuziuk. «La fortuna è che la gravità di quanto sta accadendo adesso nel mio paese abbia fatto sviluppare una coscienza collettiva e così, se i giornalisti professionisti vengono zittiti dal regime, ci sono persone che a loro rischio e pericolo decidono che è troppo importante documentare e hanno creato così un giornalismo dal basso: è grazie a questo che ci arrivano tutti gli aggiornamenti sull’andamento dei processi e su come stiano andando le cose in generale».

La risposta del giornalismo dal basso per la Bielorussia

La stessa attivista sta svolgendo questo tipo di giornalismo dal basso traducendo le notizie in italiano sui canali dell’associazione “Supolka”. «Quello che faccio è una piccola goccia nell’oceano, ma sono contenta che si sia creato dell’interesse da parte di italiani che fino a poco tempo fa non sapevano niente del regime bielorusso e che ora sono solidali con la nostra lotta».

Il lavoro di Ekaterina Ziuziuk è prezioso e ha infastidito il regime, che l’ha calunniata tramite i suoi canali e ha divulgato informazioni sensibili di membri della sua famiglia a scopo intimidatorio. E mentre i media indipendenti esteri cercano di far rimanere sotto i riflettori le notizie che arrivano dalla Bielorussia, le istituzioni appaiono deboli nella loro presa di posizione: i pacchetti di sanzioni che l’Unione Europea emana periodicamente nei confronti di funzionari di regime non sembrano impensierire Lukashenko.

L'attivista bielorussa Ekaterina Ziuziuk. Photo credit: FNSI.
L’attivista bielorussa Ekaterina Ziuziuk. Photo credit: FNSI.

Nonostante la promessa di aiuti economici fatta da Von der Leyen a Tikhanovskaya a fine maggio, il grande baluardo di democrazia targato UE si rivela essere tale, ancora una volta, più nella teoria che nella pratica.

Peggio delle istituzioni fanno solo i grandi gruppi di media che, anche a causa delle regole ingrate del mercato dell’informazione, hanno dimenticato che esiste un paese, nel centro dell’Europa, dove la corruzione dilaga e le violazioni ai più elementari diritti civili sono ormai pane quotidiano. A questo proposito conclude Ziuziuk: «Purtroppo incide il fatto che ormai siamo tutti assuefatti alla negatività di quanto accade, al punto da non vedere più tutto questo come una notizia». La trappola peggiore nella quale l’informazione può cadere, soprattutto perché i colleghi bielorussi stanno pagando amaramente una lotta che merita il massimo risalto, per non abituarci a rimanere privi di uno dei nostri diritti costituzionali.

 

Francesca Staropoli

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Francesca Staropoli