Referendum sulla “legge anti- LGBTQ”, l’ennesima beffa dell’Ungheria populista di Orbán

Referendum sulla “legge anti- LGBTQ”, l’ennesima beffa dell’Ungheria populista di Orbán

Diritti civili sotto attacco in Ungheria

In seguito all’approvazione da parte del parlamento ungherese di quella che Ursula Von Der Leyen ha definito una legge “vergognosa”, il 15 luglio scorso la Commissione Europea ha deciso di avviare una procedura d’infrazione nei confronti dell’Ungheria. Orbán non si arrende, sfida l’UE e convoca un referendum sulla legge anti- LGBTQ.

La legge ufficialmente nota come “Legge per la protezione dei minori” e presentata dal Fidesz , il partito del premier ungherese Viktor Orbán, nasce con l’intento di “proteggere i diritti dei bambini e dei loro genitori”.

Il tema degli abusi sui minori è salito alla ribalta in Ungheria lo scorso anno a seguito dello scandalo che ha visto coinvolto l’ex ambasciatore ungherese in Perù Gábor Kaleta arrestato con l’accusa di pedopornografia.

La stesura del provvedimento ha richiesto diversi mesi ed il testo finale è stato approvato il 15 giugno di quest’anno dal Parlamento ungherese ottenendo ben 157 voti favorevoli ed un solo voto contrario.

La legge, definita da Ursula Von der Leyen “vergognosa”, ha suscitato lo sdegno da parte della comunità internazionale ed è stata aspramente criticata anche da Amnesty International e Human Rights Watch in quanto discriminatoria nei confronti della comunità LGBTQ.

Dietro le edificanti parole e l’intenzione di proteggere i valori della famiglia tradizionale si cela infatti un testo a dir poco reazionario.

Una legge transofoba e omofoba che promuove la discriminazione e la stigmatizzazione della comunità LGBTQ e che perpetra stereotipi inaccettabili associando l’omosessualità alla pedofilia.

La legge

Uno degli obiettivi del provvedimento sarà quello di bandire e censurare contenuti che raffigurino l’omosessualità ed ogni rappresentazione di cambio di identità di genere per tutti i minori di 18 anni.

E’ proibito mettere a disposizione di chi ha meno di 18 anni qualsiasi contenuto pornografico o contenuto che rappresenta la sessualità fine a stessa, o promuove o raffigura deviazioni dall’identità di genere, inteso come il sesso alla nascita, la riassegnazione di genere, o l’omosessualità”.

La legge parte dunque dal vergognoso presupposto di proteggere i bambini e i minorenni dall’omosessualità e dal cambio d’identità di genere come se queste condizioni rappresentassero pericolose minacce per il loro sano e corretto sviluppo psicofisico.

In un comunicato stampa la rete televisiva Rtl Club ha dichiarato che, stando al provvedimento, in futuro film come Harry Potter, Billy Elliot o Il diario di Bridget Jones rischiano di essere vietati ai minori di 18 anni.

Uno scenario che ha a dir poco dell’assurdo, ma che potrebbe presto materializzarsi segnando l’ingresso del Paese in una nuova epoca oscurantista che purtroppo non sembra interessare solo l’Ungheria.

In paesi vicini come nella Polonia di Morawiecki da tempo la popolazione lotta con le unghie per la difesa dei propri diritti civili.

L’ultima trovata del governo di Morawiecki, ovvero l’istituzione di “zone libere dall’ ideologia LGBTQ” ha fatto sì che anche la Polonia entrasse nel mirino dell’Unione Europea.

Il 15 luglio di quest’anno la Commissione Europea ha infatti deciso di avviare procedure d’infrazione con sospensione dei finanziamenti del Recovery Fund contro l’Ungheria e la Polonia “per le violazioni dei diritti fondamentali della comunità LGBTQ”.

Per il leader populista ungherese, che mal digerisce qualsiasi intromissione da parte dell’UE, si è trattato di un vero e proprio “attacco all’Ungheria”.

Un attacco alla sovranità nazionale del Paese che per Orbán verrebbe costantemente minacciata dall’invadente Bruxelles e al quale il leader ha deciso di rispondere invocando l’aiuto dell’opinione pubblica ungherese.

Il referendum

Il 21 luglio il leader populista ungherese ha infatti annunciato l’intenzione di convocare un referendum in tempi brevi, probabilmente a gennaio o a febbraio dell’anno prossimo.

Il popolo ungherese sarà chiamato a rispondere a cinque quesiti.

Le domande sono già state rese note e come c’era da aspettarselo, sono volutamente vaghe ed ambigue. Leggiamo ad esempio “Sei favorevole a promuovere di fronte ai bambini le procedure per il cambio di sesso?” oppure “Sei favorevole alla trasmissione senza restrizioni di programmi mediatici che influenzano lo sviluppo dei bambini?”.

Si tratterà dunque di un altro referendum pilotato e manipolatorio che avrà tutto il sapore di quello convocato nel 2016 contro l’ingresso dei migranti in Ungheria.

Secondo gli esperti Orbán, proprio come avvenuto nel 2016, starebbe volutamente alzando un polverone con il solo scopo di rafforzare la sua immagine di difensore della patria e di accattivarsi facili consensi in vista delle prossime elezioni che si terranno nell’aprile del 2022.

Le elezioni del 2022

Questa volta però la questione non riguarderà i migranti, ma la comunità LGBTQ questo perché come spiegato da Zoltan Novak, Center for Fair Political Analysis “Non ci sono praticamente migranti in Ungheria, mentre ci sono molte persone Lgbt+ e persone sensibili a questi temi”.

E’ difficile predire quale sarà risultato di questo referendum o se il tema dei diritti civili possa davvero far presa sull’elettorato. Negli ultimi undici anni Orbán è riuscito a consolidare un potere che è diventato sempre più autocratico a suon di fake news e complottismo proprio come nella migliore delle tradizioni populiste, ma ora con un’opposizione molto più unita che in passato la sua vittoria nel 2022 potrebbe non essere così scontata.

L’auspicio è che presto l’Ungheria e con essa l’Europa intera possano liberarsi dalla morsa di tutti questi velenosi governi populisti che negli ultimi anni hanno continuato a mettere radici sempre più intricate e profonde fino a raggiungere il cuore delle nostre istituzioni. Radici che diventano ogni giorno sempre più difficili da sradicare.

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Amina Al Kodsi