STATO DI EMERGENZA IN POLONIA: SICUREZZA O INTERESSI POLITICI?

Sono discordanti i pareri attorno alla decisione di Duda di imporre uno stato di emergenza per rispondere ai flussi migratori provenienti dalla Bielorussia. Nonostante la decisione sia stata presentata come una manovra per garantire la sicurezza nazionale, in molti la considerano disumana e non necessaria.


Il 2 settembre, il governo polacco ha dichiarato uno stato di emergenza nelle regioni al confine con la Bielorussia. Era dai tempi del comunismo che nel Paese non si prendevano misure simili.

Da diverse settimane, ingenti flussi migratori si erano diretti verso la frontiera fra i due Paesi con l’obiettivo di poter entrare in Polonia. Solo in agosto, i tentativi di attraversamento sono stati circa 3.000. Per rispondere a questo fenomeno, diversi personaggi politici si sono rivolti al presidente Andrzej Duda chiedendogli di agire e accusando Minsk di incoraggiare tali migrazioni clandestine. Lo scorso 6 luglio, infatti, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko aveva dichiarato che non avrebbe fermato nessuno che volesse lasciare il Paese. Duda ha deciso quindi di rispondere chiudendo le frontiere con la confinante Bielorussia, giustificando la decisione come una manovra per garantire la sicurezza nazionale.

Photo credit: Fundacja Ocalenie

Sebbene una parte del Paese approvi la decisione presa dal presidente (o si mostri indifferente), numerosi sono coloro che la condannano, considerandola inutile, disumana e vergognosa.

Marianna Wartecka, della Fondazione Ocalenie, un’ONG a supporto dei migranti, afferma che le misure di sicurezza erano state adottate ben prima che fosse annunciato lo stato di emergenza. «All’improvviso a noi volontari e ai giornalisti è stata negata la possibilità di avvicinarci alle frontiere per offrire aiuti ai migranti. Stanno vivendo in condizioni inimmaginabili. Non hanno né cibo, né acqua a sufficienza. Alle donne non sono offerti nemmeno gli assorbenti».

Photo credit: Fundacja Ocalenie

La difficile situazione alla frontiera

I migranti vengono soprattutto da Afghanistan, Iraq e altri Paesi africani e mediorientali, e sono alla ricerca di una vita migliore. Tuttavia, vedendosi negato l’ingresso sia in Polonia che nella confinante Bielorussia, si ritrovano bloccati alla frontiera, protetta da un filo spinato e sorvegliata da gruppi di militari violenti.

Photo credit: Fundacja Ocalenie

Il 19 settembre le Guardie di Frontiera polacche hanno confermato il ritrovamento dei cadaveri di tre persone. Secondo quanto riportato, uno sarebbe morto di ipotermia: di notte, le temperature nella zona scendono fino a 3-4°C. Non ci sono, però, conferme, dato che la polizia non ha condiviso ulteriori informazioni.
Lo stesso giorno, non lontano dalla frontiera polacca, un’altra donna è stata trovata senza vita. Viaggiava con il marito e i tre figli. La famiglia era stata respinta violentemente dalle forze polacche.

Emergenza?

Secondo Fundacja Ocalenie, quanto sta avvenendo alla frontiera sarebbe illegale oltre che dal punto di vista internazionale, anche secondo la stessa legge polacca. Questo sarebbe il motivo per cui anche ai giornalisti e ai media sarebbe stato vietato l’accesso alla zona. «Gli stati di emergenza servono per rispondere a vere minacce, come gli attacchi terroristici. È chiaro, quindi, che il governo sta cercando di nascondere in tutti i modi ciò che sta succedendo alla frontiera mentre cerca di cambiare la legge in vigore. Temono che, un giorno, possano esserci ripercussioni». Secondo la Wartecka, quindi, lo stato di emergenza sarebbe stato imposto solo come copertura e non perché i polacchi sono veramente in pericolo.

A confermare la teoria dell’ONG è proprio il Sejm (la camera bassa del Parlamento polacco), che il 17 settembre ha avanzato una proposta di legge proprio in tema di migrazioni. Se quest’ultima venisse approvata dal Senato e firmata dal Presidente, i respingimenti e la possibilità di negare l’ingresso ai migranti sarebbero legalizzati.

Photo credit: Fundacja Ocalenie

Le voci dall’UE

Anche l’Unione Europea si è espressa circa gli avvenimenti che stanno interessando l’Europa orientale. Le istituzioni si sono dette preoccupate, oltre che per le vite dei migranti, anche per tutti i giornalisti che non possono svolgere il loro lavoro.
Nessun commento sull’imposizione del presidente Duda, invece, è arrivato da Ursula von der Leyen.  Nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 15 settembre, la presidente della Commissione europea ha puntato l’attenzione sulle azioni del governo bielorusso definendole «intollerabili». A detta sua, Minsk starebbe «strumentalizzando» gli esseri umani spingendoli verso i Paesi confinanti al fine di «destabilizzare l’Europa». La von der Leyen, quindi, ha dichiarato il supporto europeo a Polonia, Lettonia e Lituania.

Lo stato di emergenza ha una validità di 30 giorni con possibilità di rinnovo. A tal proposito, Fundacja Ocalenie ribadisce che, al momento, non ci sono indizi che facciano ipotizzare un passo indietro da parte del governo.

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Chiara Conca