Nadia Giberti ci regala “Una vita di racconti” tra turbamento e perdono

Nadia Giberti ci regala “Una vita di racconti” tra turbamento e perdono

Il talento straordinario della scrittrice imolese mette a fuoco il vissuto dei suoi personaggi al di là dello spazio e del tempo

La Casa Editrice Protos Edizioni ha dato alle stampe in maggio la prima edizione del libro “Una vita di racconti” di Nadia Giberti.
L’autrice ha già al suo attivo tre opere con ottimo riscontro di pubblico e di critica che spaziano nei generi del noir e del giallo. Nella sua ultima fatica letteraria la scrittrice ha voluto riunire in antologia un certo numero di racconti scritti in passato – alcuni dei quali premiati in concorsi nazionali-, con l’obiettivo di parlare direttamente di sentimenti importanti. Il risultato è una raccolta di episodi assai suggestiva e carica di emozioni, godibile anche durante le vacanze estive.
Il libro sorprende per la coerenza stilistica e le “tonalità” che caratterizzano i racconti. In secondo luogo, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un’artista dotata di grande talento, ben espresso dal tratteggio psicologico dei personaggi in cui nulla è lasciato al caso.
Nell’intervista che segue abbiamo approfondito insieme alcuni aspetti significativi della sua poetica e dell’opera.

M.G.: Gentile Nadia Giberti il libro “Una vita di racconti” sorprende a primo impatto per l’utilizzo di una tecnica espressiva ricercata ed efficace. Quanta parte di questo risultato è dovuta a un talento naturale e quali sono stati i suoi autori o romanzi di formazione e studio?
N.G.: Tra i miei autori preferiti ci sono molti stranieri come il celebre Stephen King, lo scrittore norvegese Jo Nesbø, la giallista statunitense Elizabeth George e molti altri. Tra gli italiani vi sono anche Francesco Piccolo e Domenico Starnone, autore di “Lacci” e Premio Strega 2001. Per quanto riguarda la tecnica posso dire di scrivere sempre allo stesso modo sin dall’inizio. Ho frequentato corsi di scrittura creativa all’Università Aperta di Imola e iniziato con lo scrivere poesie per poi passare ai racconti descrivendo sempre a partire dalla realtà, da fatti e storie realmente esistite, oppure ispirandomi ad esse. Posso dire che in quasi tutti i racconti c’è del vero – certo, non totalmente – ma sono fatti in parte accaduti a me o a persone che conosco bene. Per questo mi viene spesso riferito dai lettori di non riuscire più a staccarsi dal libro una volta iniziato e questa è una cosa che mi gratifica molto. In particolare, con riferimento al libro “Il ponte sull’abisso” appena uscito, (che è una riedizione di “Nel canale” del 2021), molti lettori si sono complimentati con me perché la scrittura scorreva come “un film sceneggiato su carta”.

M.G.: Lei ha detto in altre occasioni che il tema centrale di questo libro è il perdono, e sono molti episodi che ruotano intorno al senso di colpa. Quale valore assume il Perdono nella nostra società e che significato ha invece per Lei?
N.G.: In passato avevo già affrontato efficacemente il tema del Perdono nel libro “Le amiche” che è un giallo pubblicato nel 2020. Tutti i racconti inseriti in questa raccolta indagano qualche aspetto della psicologia umana. Nel primo racconto, ad esempio, emerge il tema di quanto sia difficile per un adolescente discernere il bene dal male e questo è un fatto universale che mi interessa molto. I protagonisti delle mie trame psicologiche sono spesso gli adolescenti, perché l’adolescenza è un’età in cui si possono commettere errori anche gravi col rischio di perdersi; allo stesso tempo è l’età in cui avviene la formazione per la vita adulta con lo scopo di realizzarsi secondo le regole del vivere sociale.
Per quando riguarda specificamente il Perdono, credo che oggi vada molto di moda chiedersi “scusa”, ma questo è riduttivo rispetto al valore del Perdono come atto gratuito, sentito e che promana dal cuore.

M.G.: In questo libro è ben espresso anche il sentimento del turbamento in tutte sue sfumature. Cosa rappresenta per Lei il turbamento?
N.G.: Per me i turbamenti dell’animo corrispondono ai sentimenti, e ritengo che più i racconti riescano ad esprimere e ben rappresentare i sentimenti umani e più saranno belli, al di là del fatto che possano trasmettere emozioni tristi. Parto sempre dal chiedermi: cosa prova una persona in una situazione particolare? Poi procedo ad ampliare con la fantasia gli spunti che mi arrivano dalla vita vera.

M.G.: Secondo Lei nel contesto del panorama letterario italiano quali sono gli ostacoli che incontra un’artista talentuosa nell’ottenere i meritati riconoscimenti?
N.G.: Mi preme anticipare che non tutti i racconti inclusi in “Una vita di racconti” sono stati premiati in concorsi, ma una buona parte sì. Naturalmente non mi ritengo un’artista “famosa” e spesso mi chiedo cosa significhi oggi la celebrità, se essa corrisponda sempre a qualcosa di autentico.
Certamente una delle maggiori difficoltà consiste nel farsi conoscere, pertanto, decidere di farsi strada con campagne pubblicitarie costose nei social e in televisione. Tuttavia accade anche che scrittori molto attivi da questo punto di vista si rivelino poi scarsi dal punto di vista del libro scritto in concreto e di conseguenza non raggiungano la popolarità nonostante un forte investimento pubblicitario.

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Redazione Proposte UILS