Burn out: quando il lavoro fa male

Burn out: quando il lavoro fa male

Il 39,54 % dei millenials è colpito dallo stress correlato da lavoro

Secondo l’OMS il burn out è un patogeno, ovvero un fattore che incide sulla salute psico – fisica dei lavoratori

Burn out è una parola di origine anglosassone che significa esaurimento, stress.

L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità lo ha inserito nell’undicesima versione dell’International Classification of Diseases.

Il burnout rappresenta una situazione di disagio, che può avere anche gravi conseguenze a livello psico-fisico.

I sintomi principali sono: esaurimento fisico e mentale, distacco crescente dal proprio lavoro e una ridotta efficienza. Altre manifestazioni possono essere: sensazione di ansia, paura, aggressività e danni psicopatologici come insonnia, problemi coniugali o familiari, incremento nell’uso di alcol o farmaci o sviluppo di dipendenze.

Il burn out si manifesta nella maggior parte dei casi nelle persone che svolgono lavori basati sul rapporto di aiuto (operatori socio sanitari o di comunità, psicologi, infermieri, educatori, assistenti sociali, avvocati, ecc). Queste professionalità sono gravate da una duplice fonte di stress: quello personale e quello della persona aiutata.

Secondo uno studio recente del portale guida psicologi, però, al di là del tipo di impiego, la fascia di età più colpita da questo malessere sono i più giovani. Molto spesso, infatti, ciò che risulta più difficile accettare sul piano psicologico, a fronte di una situazione lavorativa stressante, è la sensazione di non poter esercitare alcun controllo, di essere impotente, di non poter prendere alcuna decisione risolutiva. I giovani spesso pensano di non possedere gli strumenti idonei per fronteggiare in modo adeguato lo sforzo richiesto. Spesso in molti ambienti lavorativi mancano poi anche interlocutori credibili e competenti, così i lavoratori sentono di non ricevere alcun tipo di supporto.

Tra i fattori che contribuiscono maggiormente allo sviluppo della sindrome di burn out ci sono sicuramente le caratteristiche della personalità, il modo in cui gli stimoli vengono percepiti come stressanti e l’intensità della reazione individuale a tali stimoli. Spesso le persone più colpite sono molto meticolose e bisognose di dimostrare agli altri e a se stessi di essere bravi. Tali soggetti sono disponibili e impegnate, ma hanno anche punti deboli, come ansia, introversione, suscettibilità, tanto da identificarsi fortemente con l’altro. Il burn out, però, scaturisce non solo dalle particolari qualità della persona, ma dall’interazione con l’ambiente organizzativo e socio-culturale. Un’organizzazione lavorativa può essere considerata inadeguata se è presente un training insufficiente o se aumenta eccessivamente la domanda di professionalità senza un proporzionato riconoscimento emotivo o/ed economico.

Abbiamo chiesto alla dott.ssa Alessia Pace, Psicologa Specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, quali pensa possano essere i più efficaci modi di prevenzione e cura del burn out.

Quando ci si accorge di essere vittime della sindrome da burn out è molto importante fermasi e capire che richiedere un aiuto può dare un valido sostegno. I più efficaci metodi di cura e prevenzione sono quelli che riguardano il singolo individuo e l’organizzazione in cui questo lavora. Sul piano individuale è importante mantenere vivo il contatto con i colleghi di lavoro, organizzare bene i propri compiti, dedicarsi di più al tempo libero e, se necessario, chiedere aiuto a professionisti esterni, come ad esempio a psicologi. Migliorare, invece, la struttura socio-organizzativa è fondamentale per chi è responsabile delle risorse umane, in quanto previene il disagio del lavoratore e dunque migliora la qualità globale del servizio.

L’aiuto più efficace per la persona è sicuramente un intervento da parte di un professionista, che possa fornire strumenti che permettano una comprensione del problema e del legame tra il proprio comportamento ed il contesto lavorativo. Una volta acquisite e messe in pratica le modalità più efficaci di comportamento, è molto utile valutare anche quanto tempo si sta dedicando al lavoro più del dovuto e dedicarsi maggiormente a se stessi, ai familiari e agli amici.

Un intervento di prevenzione ha lo scopo di agire sui fattori di rischio e potenziare i fattori di protezione che intervengono nella qualità del lavoro e della vita. Informare i lavoratori sui rischi a cui li espone lo stress percepito negli ambienti lavorativi, rendere attivi servizi di prevenzione per fornire le competenze utili per prevenire e gestire lo stress, porta al cambiamento degli stili di gestione del potere, dei modi di incentivare ed al miglioramento del clima nell’ambiente di lavoro, il costo del lavoro diminuisce e la produttività aumenta. Un’organizzazione che agisce a sostegno dell’impegno nel lavoro è un’organizzazione più forte, maggiormente in grado di rispondere alla sua clientela, di crescere in modi nuovi e stimolanti”.

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Veronica Lo Destro