Formazione professionale e lavoro: due alleati sul fronte della lotta al suicidio nelle carceri e all’esclusione sociale

Formazione professionale e lavoro: due alleati sul fronte della lotta al suicidio nelle carceri e all’esclusione sociale

Nell’ambito della trattazione delle questioni di attualità parliamo con il Dott. Luca Verdolini, Responsabile di Area presso la Cooperativa Frontiera Lavoro di Perugia che si occupa di integrazione sociale ed attuazione del diritto al lavoro nei confronti delle persone più a rischio di esclusione sociale tra i quali i detenuti, gli immigrati, i disabili, i soggetti psichicamente fragili

M.G.: Gentile Dott. Luca Verdolini, intanto complimenti per il suo lavoro: Frontiera Lavoro è l’ente più conosciuto in Umbria ad occuparsi di politiche attive del lavoro per le fasce deboli.  Quali esperienze significative può raccontare, se ve ne sono state, sulla correlazione tra mancanza di lavoro ed incremento del rischio suicidario all’interno del carcere?
L.V.: Per quanto riguarda i suicidi, ringraziando il cielo a Perugia non ne abbiamo da alcuni anni. Certamente non si può dire lo stesso per altri istituti penitenziari della Regione. In riferimento alle nostre attività, ossia all’interno dei nostri percorsi che purtroppo non riguardano l’intera popolazione carceraria, non abbiamo mai avuto casi drammatici e fortunatamente a Capanne non ci sono stati recenti casi di suicidio tra i detenuti.

M.G.: Quali sono le attività svolte ed i risultati ottenuti da Frontiera Lavoro negli ultimi anni?
L.V.: La nostra attività consiste nel far intraprendere al detenuto un percorso di crescita personale e professionale al termine del quale può ambire ad una collocazione nel mercato del lavoro. Posso testimoniare che l’inserimento all’interno di un progetto  consente di abbattere quasi totalmente la recidiva quindi chi entra in questi circuiti di reinserimento non torna a delinquere una volta che ha terminato di scontare la pena.
I progetti realizzati da Frontiera Lavoro prevedono lo svolgimento di una serie di attività di formazione professionale: quello per addetto alla cucina è un po’ il nostro “fiore all’occhiello” quindi abbiamo un laboratorio attrezzato all’interno del carcere di Perugia dove i detenuti, affiancati dagli chef docenti, acquisiscono competenze professionali in questo particolare settore produttivo.  Nella nostra realtà cerchiamo in tutti i modi di valorizzare l’elemento personale e possiamo senza dubbio affermare che i detenuti che entrano in un progetto in Frontiera Lavoro fanno il loro ingresso in un’“isola felice” che, in riferimento allo specifico fenomeno del suicidio, svolge la funzione di prevenire e allontanare una simile prospettiva.

Il rapporto tra il suicidio, la detenzione, il lavoro e la devianza

M.G.: C’è sempre lavoro nel carcere?
L.V.: La risposta a questa domanda è ovviamente “no”. Le percentuali sono molto piccole: il numero di 550 percorsi formativi erogati ad altrettanti detenuti è una cifra complessiva che si riferisce a ventidue anni di attività. Parliamo di 106 inserimenti lavorativi in venti anni di attività, ossia cinque persone all’anno che hanno intrapreso questo percorso di lavoro all’esterno: una goccia nell’oceano! Rispetto ad una popolazione detenuta che è di circa 1000 detenuti in Umbria, si tratta dell’uno per cento. Purtroppo il miglioramento di questa situazione è legato solo all’investimento di risorse economiche. Frontiera Lavoro gestisce un progetto all’anno e questo è pochissimo anche per incidere sul rischio di fenomeni come l’autolesionismo ed il suicidio eventualmente legati alla mancanza di prospettive lavorative. Le attività trattamentali, formative e lavorative dovrebbero essere il pernio del trattamento rieducativo e sulla “carta” è così, la legge è chiara, ma vi è un’enorme scarto con la sua concreta attuazione.

M.G.: Quali sono i maggiori ostacoli all’accesso al lavoro per un detenuto al giorno d’oggi?
L.V.: Il primo ostacolo, come accennavo prima, è certamente economico. Si tratta essenzialmente di investire risorse nella formazione o nel lavoro intramurario, con creazione di laboratori formativi e quant’altro. Il secondo ostacolo, che siamo in parte riusciti ad attenuare con il nostro lavoro riguarda il pregiudizio, inutile negarlo. In riferimento a questo come Frontiera Lavoro cerchiamo di sensibilizzare in particolare  gli imprenditori del nostro territorio e metterli a conoscenza delle agevolazioni fiscali previste dalla legge Smuraglia. Poi vi è l’incontro con i cittadini attraverso l’organizzazione di eventi. Tra questi ad esempio, vi è una cena di gala di grande successo chiamata “Golose passioni” in cui i detenuti che hanno partecipato al corso di cucina allestiscono insieme agli chef dei piatti gourmet in una cena aperta alla cittadinanza.

M.G.: Parlando di fasce deboli della popolazione, la disoccupazione è un elemento in grado di aumentare le probabilità che questi soggetti si pongano in una condizione di devianza,  o addirittura scelgano la strada del crimine?
L.V.: Assolutamente sì. Il lavoro oltre l’aspetto economico e di sussistenza coinvolge l’aspetto psicologico. Avere una progettualità, provare stima di se stessi, avere opportunità da cogliere, vedersi come parte sana e produttiva della società, interrompe la spirale della devianza. L’inattività invece, annulla le persone ed il crinale verso la vulnerabilità, il disagio sociale e la criminalità può essere molto ripido.

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Redazione Proposte UILS