Il referendum sulla giustizia…snobbato dal popolo!

Il referendum sulla giustizia…snobbato dal popolo!

La bassa affluenza al referendum sulla giustizia che si è tenuto lo scorso 12 Giugno non ha consentito il raggiungimento del quorum indispensabile a validarne il risultato.
Ciò assume un particolare significato rispetto al disegno complessivo della riforma della giustizia promossa dalla Ministra Cartabia, che larga parte della dottrina aveva ben accolto in virtù del suo carattere organico e della sua attitudine a ridisegnare il rapporto fra cittadino e potere giudiziario, anche con riferimento a temi importanti ed attuali nella vita del Paese.

Il referendum avrebbe voluto ricostruire su basi nuove i rapporti tra cittadinanza, magistratura e politica
Il dibattito che ha fatto seguito al mancato raggiungimento del quorum, ha spostato l’attenzione sull’idoneità dello strumento referendario ad essere utilizzato per materie particolarmente tecniche

Possiamo infatti suddividere idealmente i cinque quesiti referendari in due categorie: la prima, tesa ad ampliare l’ambito delle garanzie dei cittadini nei confronti del potere giudiziario; la seconda, avente ad oggetto l’organizzazione della magistratura.
La prima categoria era costituita dai due quesiti sull’abrogazione del decreto Severino e delle misure cautelari nell’ipotesi di pericolo di reiterazione del reato.
Con il quesito numero uno, si intendeva cancellare l’intero Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, anche per porre fine ai meccanismi automatici di sospensione dai pubblici uffici in assenza di una condanna definitiva.
La proposta di abrogare tout court il decreto Severino al netto di un’eccessiva ampiezza degli effetti che avrebbe prodotto, aveva il pregio di segnalare un’esigenza di maggior garanzia proveniente dal mondo politico, spesso coinvolto in indagini e destinatario di condanne in primo grado che vengono ribaltate nei successivi gradi di giudizio.
Il quesito numero due insisteva sul concetto della prudenza giudiziaria, proponendo che l’adozione delle misure cautelari nell’ipotesi di pericolo di reiterazione del reato, fosse limitata alla sola commissione di reati molto gravi e di criminalità organizzata.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia, ogni anno vengono emesse in Italia circa 55.000 misure cautelari coercitive custodiali, un numero decisamente elevato che ci colloca ai primi posti nella classifica europea.
Tuttavia, anche in questo quesito deve ravvisarsi una richiesta di maggiori garanzie proveniente dal ceto politico italiano, il quale si sente particolarmente esposto all’anticipazione del momento di incidenza dei provvedimenti giudiziari nella vita privata e professionale. Il momento della condanna per un politico, infatti, non è quello in cui viene pubblicata la sentenza conclusiva del processo, bensì la vicenda giudiziaria antecedente, nei suoi risvolti mediatici e scandalistici, a cominciare dalla frequente disposizione delle misure cautelari.
La seconda categoria di quesiti referendari aveva ad oggetto l’ordinamento giudiziario.
Gli ultimi tre referendum, miravano all’abrogazione delle norme che oggi consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti; all’abrogazione delle norme che impediscono la partecipazione dei membri laici del Consiglio superiore della magistratura (C.S.M.) a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari, anche ai fini della valutazione della professionalità dei magistrati; infine, si chiedeva al popolo se cancellare o meno la norma che attualmente richiede ad un magistrato che intenda candidarsi al Consiglio superiore della magistratura, di procurarsi un certo numero di firme per presentare la propria candidatura.
L’esito positivo del referendum avrebbe avuto l’effetto di creare una lacuna temporanea in queste materie, che sarebbe stata opportunamente integrata con la novella approvata in Parlamento. Ciò non è avvenuto, e il 16 giugno scorso il Senato ha dato comunque il via libera definitivo alla riforma, confermando il testo già approvato dalla Camera.

La bassa affluenza, attestata attorno al 20.8%, assume un valore politico

La nuova legge prevede modifiche all’ordinamento giudiziario con riferimento alle procedure di valutazione di professionalità dei magistrati, che resta tuttavia limitata ai soli avvocati. La nuova disciplina sul passaggio di funzioni riduce le possibilità di passaggio da quattro ad una entro dieci anni dalla prima assegnazione. Vengono introdotte disposizioni puntuali sullo status dei magistrati per le c.d. “porte girevoli magistratura/politica”, e una profonda riorganizzazione del C.S.M. – con particolare riferimento al sistema elettorale -, nel tentativo di togliere peso alle “correnti” presenti al suo interno.
Il dibattito che ha fatto seguito al mancato raggiungimento del quorum in un appuntamento così importante, ha spostato l’attenzione sull’idoneità dello strumento referendario ad essere utilizzato per materie particolarmente tecniche.
A tale proposito, poiché il referendum è un istituto che la Costituzione ha posto al servizio del popolo italiano per l’esercizio della sovranità, giova ricordare l’insegnamento di Alessandro Levi, che in riferimento al principio di cui all’art. 1 della Costituzione affermava: “condizione imprescindibile per l’esercizio della sovranità – qualora tale sommo diritto debba essere preso sul serio, e non come una mera espressione retorica, o, peggio, come una truffa od una burletta, – è la consapevolezza dei doveri che la sovranità importa”.

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Redazione Proposte UILS